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Visualizzazione dei post da agosto, 2020

Dubliners by J.Joyce (riferimento a 'Eveline' e 'The dead')

“Dubliners” is a collection of fifteen short stories written by James Joyce in which the author analyses the failure of self-realisation of inhabitants of Dublin in biographical and in psychological ways. The novel was originally turned down by publishers because they considered it immoral for its portrait of the Irish city. Joyce treats in “Dubliners” the paralysis of will in four stages: childhood, youth, maturity and public life. The paralysis of will is the courage and self-knowledge that leads ordinary men and women to accept the limitations imposed by the social context they live in. In “Dubliners” the style is both realistic - to the degree of perfectly recreating characters and idioms of contemporary Dublin - and symbolic – giving the common object unforeseen depth and a new meaning in order to show a new view of reality. Joyce defines this effect “epiphany” which indicates that moment when a simple fact suddenly explodes with meaning and makes a person realise his / her condi

Il dissidio interiore nelle opere di Francesco Petrarca

L’elemento principale della poetica di Petrarca è il dissidio interiore che nasce dalla sua esigenza primaria di volersi elevare a Dio, allontanandosi dai desideri della sua esistenza terrena. Questo stato d’animo lacerante scaturisce da due momenti particolari che caratterizzano la vita del poeta: la carriera ecclesiastica che decide di intraprendere nel 1326 e il suo incontro con Laura in una chiesa ad Avignone. Il dissidio interiore percorre tutte le sue opere dando vita, così, ad una nuova concezione del mondo in cui la religione non è più l’unico interesse dell’uomo, ma se ne affermano altri come la gloria, l’amore e, soprattutto, lo studio approfondito per gli antichi poeti (latini). Il poeta, dunque, soffre di un costante senso di colpa ed è indeciso sulla scelta da compiere tra amore terreno e amore divino; è consapevole di vivere da peccatore, ma ugualmente non riesce a resistere alle lusinghe terrene, come affermerà alla sua guida spirituale Sant’Agostino di Ippona in

I contributi a livello di poesia di Francesco Petrarca e Dante Alighieri a confronto

  Francesco Petrarca: confronto con Dante Alighieri e i suoi importanti contributi alla nascita della poesia ed allo sviluppo ed alla diffusione della letteratura italiana in Europa   Francesco Petrarca e Dante Alighieri sono considerati insieme a Giovanni Boccaccio i padri fondatori della letteratura italiana ed è proprio in base alle tematiche ed ai canoni stilistici adottati dai tre poeti che si è sviluppata la stessa poesia. Le opere celebri dei due poeti sono degli esempi: la “Commedia” ( o “Divina Commedia” come l’ha rinomata Boccaccio in una delle sue “Letture della Commedia” ) rimane nella letteratura italiana un’opera inimitabile mentre il Canzoniere  è considerata l’opera più imitata tanto che dal Trecento fino ai primi anni del Novecento molti poeti si avvalgono di parecchi “petrarchismi”. La prima differenza che si può notare tra i due intellettuali è l’attenzione rivolta al mondo classico: Dante, uomo del Medioevo, non avverte alcun distacco tra il mondo di valori

Canto IV - Inferno

  Un tuono, che segue a un lampo, risveglia Dante. Il protagonista si guarda intorno e comprende di essere al di là del fiume Acheronte ( vedasi Canto III ), nel primo dei nove Cerchi in cui è diviso l'Inferno, il cui fondo è così oscuro che non riesce a vedervi nulla. Virgilio invita il poeta fiorentino a seguirlo, ma con un pallore che allarma Dante, il quale, infatti, ne chiede il motivo. L’improvviso pallore di Virgilio è il primo ovvio indizio della sua umanità. Dante, dapprima sopraffatto dall’ammirazione per questo “padre” poetico, non sembrava aver contemplato nel primo canto la possibilità che la sua guida potesse avere limiti o difetti; né, d’ altra parte, l’atteggiamento tenuto dal poeta latino durante la sua prima apparizione aveva rivelato alcuna incrinatura, se non quando aveva accennato alla propria esclusione dal Paradiso e alla necessità di essere, ad un certo punto, sostituito da Beatrice ( vedasi Canto II ). Questa è la prima di una serie di reazioni

Canto I - Inferno

“Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura, ché la diritta via era smarrita.                                         Ahi quanto a dir qual era è cosa dura esta selva selvaggia e aspra e forte che nel pensier rinova la paura!                                    Tant’è amara che poco è più morte; ma per trattar del ben ch’i’ vi trovai, dirò de l’altre cose ch’i’ v’ho scorte.”   Il canto I dell’ Inferno è di introduzione all’intero poema, presenta quindi la situazione iniziale e spiega le ragioni del viaggio allegorico. Dante vi compare nella duplice veste di personaggio reale, che in un determinato momento storico si smarrisce in una selva (a metà della sua vita, quindi nell'anno 1300 quando stava per compiere 35 anni), e in quella di ogni uomo che, in questa vita, è chiamato a compiere un percorso di redenzione e purificazione morale per liberarsi dal peccato e guadagnare la beatitudine. La notte del 24 marzo (o 7 aprile) dell’anno 1300,