Passa ai contenuti principali

Dubliners by J.Joyce (riferimento a 'Eveline' e 'The dead')

“Dubliners” is a collection of fifteen short stories written by James Joyce in which the author analyses the failure of self-realisation of inhabitants of Dublin in biographical and in psychological ways. The novel was originally turned down by publishers because they considered it immoral for its portrait of the Irish city. Joyce treats in “Dubliners” the paralysis of will in four stages: childhood, youth, maturity and public life. The paralysis of will is the courage and self-knowledge that leads ordinary men and women to accept the limitations imposed by the social context they live in. In “Dubliners” the style is both realistic - to the degree of perfectly recreating characters and idioms of contemporary Dublin - and symbolic – giving the common object unforeseen depth and a new meaning in order to show a new view of reality. Joyce defines this effect “epiphany” which indicates that moment when a simple fact suddenly explodes with meaning and makes a person realise his / her condi

I contributi a livello di poesia di Francesco Petrarca e Dante Alighieri a confronto

 Francesco Petrarca: confronto con Dante Alighieri e i suoi importanti contributi alla nascita della poesia ed allo sviluppo ed alla diffusione della letteratura italiana in Europa

 

Giorgio Vasari- Ritratto di sei poeti toscani

Francesco Petrarca e Dante Alighieri sono considerati insieme a Giovanni Boccaccio i padri fondatori della letteratura italiana ed è proprio in base alle tematiche ed ai canoni stilistici adottati dai tre poeti che si è sviluppata la stessa poesia.

Le opere celebri dei due poeti sono degli esempi: la “Commedia” ( o “Divina Commedia” come l’ha rinomata Boccaccio in una delle sue “Letture della Commedia” ) rimane nella letteratura italiana un’opera inimitabile mentre il Canzoniere è considerata l’opera più imitata tanto che dal Trecento fino ai primi anni del Novecento molti poeti si avvalgono di parecchi “petrarchismi”.

La prima differenza che si può notare tra i due intellettuali è l’attenzione rivolta al mondo classico: Dante, uomo del Medioevo, non avverte alcun distacco tra il mondo di valori cristiani e morigerati costumi a lui contemporaneo e il mondo classico; Petrarca, invece, vivendo a cavallo tra due epoche differenti,  il Trecento e il Quattrocento (rispettivamente il Medioevo e l’Umanesimo), è pienamente consapevole di questa lacerante frattura e, pertanto, sente il bisogno di coglierla nella sua autenticità.

Nasce così la Filologia (dal greco antico φιλoλογία, philologhía, «interesse per la parola»); infatti, Petrarca, preso da una fervida curiosità, percorre l’Italia e l’Europa intera alla ricerca di testi di autori latini soprattutto, ormai dimenticati, e li confronta per correggerne gli errori di interpretazione commessi dai copisti, arricchendoli anche di chiarimenti storici.

Egli riesce a diffondere anche in Europa il suo lavoro dedicando gran parte del suo tempo alla raccolta ed alla rielaborazione delle sue lettere in prosa latina (es. Familiares e Seniles).

Il poeta di riferimento di Petrarca per la letteratura latina è Tito Livio.

Per esempio, ispirandosi all’opera De viris illustribus di Svetonio, Petrarca realizza un’omonima opera storica dove raccoglie e commenta in maniera più elaborata le biografie di personaggi romani illustri come Gaio Giulio Cesare, Gaio Valerio Catullo, Asinio Pollione, Lucio Anneo Seneca, Cicerone, Tito Livio, Publio Terenzio Varrone, Scipione e Catone l’Uticense.

Un’altra differenza lampante tra i due padri fondatori della letteratura italiana è il registro linguistico adottato nelle opere.

Nel caso di Petrarca si parla di monolinguismo in quanto il poeta predilige il latino rispetto al volgare nei suoi componimenti in quanto è l’idioma culturale antico; infatti, egli considera il Canzoniere ed I trionfi (opera incompleta) delle “bazzecole”, nonostante sono proprio quest’ultime che lo renderanno noto nel panorama culturale italiano del 1300.

A differenza del poeta aretino, Dante ricorre nelle sue opere, soprattutto nella “Commedia”, ad un registro plurilinguistico caratterizzato in primis dal volgare, parole dialettali e, successivamente, da latinismi, francesismi e termini appartenenti alla teologia, all’astronomia, alla metafisica ed alla matematica.

Una sostanziale differenza tra Petrarca e Dante è il modo di concepire la figura dell’intellettuale.

Dante rappresenta l'intellettuale cittadino, dedito ad un attivo impegno politico ed ha il compito di insegnare agli altri uomini attraverso le sue opere, in base agli schemi medioevali, a contemplare il mondo ultraterreno e deve educare gli stessi ai valori cristiani in modo che possano tendere verso Assoluto.

Petrarca, invece, sul modello dei classicisti, costruisce il proprio “ritratto”, dando un’immagine esemplare del letterato, diversa da tutti gli scrittori del Trecento.

Egli è ritenuto un intellettuale cosmopolita, legato a nessuna tradizione municipale e costantemente in viaggio per ampliare i propri orizzonti culturali e le proprie conoscenze; essa è una figura di letterato molto lontana da Dante, il quale rimpiange di aver lasciato la sua città speranzoso di ritornarvi al più presto.

Il poeta aretino è considerato anche un intellettuale cortigiano che con la sua fama dà lustro alle corti che lo ospitano (viene ospitato presso Giacomo Colonna, arcivescovo di Lombez, e il cardinale Giovanni, il fratello di Giacomo, una delle famiglie dell’aristocrazia romana più influenti ).

Egli è anche chierico e ricopre cariche importanti da cui ricava molti benefici.

Con queste caratteristiche, Francesco Petrarca diventa un letterato che con i suoi studi e la sua dottrina fa rivivere il mondo antico, a caratterizzare quella cultura che nel 1400 verrà definita Umanesimo  e, tramite i suoi stessi scritti, realizza l’immortalità della sua fama presso i posteri.

Il poeta, inoltre,ostenta il disprezzo per le arti meccaniche, convinto che solo la poesia e lo studio dei classici portano alla meditazione ed alla riflessione interiore, alla conoscenza di sé.

Questa concezione della letteratura trionferà con l’Umanesimo che guarderà a Petrarca come ad un raffinato precursore e ad un maestro.

Nonostante adotti i canoni tipici del mondo classico, convinto di raggiungere la fama e la gloria attraverso le opere scritte in latino (riceverà la corona d’alloro a piazza Campidoglio a Roma per l’opera scritta in latino Africa), egli diventerà noto per quelle scritte in volgare come il Canzoniere.

Le caratteristiche principali di quest’opera che impegnerà gran parte della vita del poeta sono l’indefinitezza della figura di Laura ed il paesaggio idillico, ovvero il paesaggio che si uniforma allo stato d’animo del poeta (caratteristica che verrà ripresa dai poeti del Romanticismo).

Per il poeta l’unica realtà è quella interiore ed i sentimenti, soprattutto l’amore, servono per approfondire totalmente il proprio io.

Egli è pieno di sentimenti contraddittori, costituiti da molte preoccupazioni morali e religiose aggravate dalla debolezza della carne e dall’impossibilità di conciliare l’umano con il divino; infatti, le tematiche che predominano in questa opera sono l’amore per Laura e la sua descrizione fisica paragonata ad elementi del paesaggio naturale, la spiritualità che si raggiunge attraverso la solitudine, gli eventi di attualità di natura politica (Italia mia, benché ‘l parlar sia indarno ) e religiosa.

L’opera è caratterizzata da due momenti fondamentali : “In Vita di Madonna Laura” e “In morte di madonna Laura”.

Ḕ da notare che Laura rimane per tutta l’opera una figura solo simbolica: ella diventa ragione di unica ed eterna immagine del desiderio irraggiungibile, indispensabile, però, per conoscere se stesso.

Laura rappresenta una garanzia di purezza e non sarà mai una donna terrena nella sua fisicità e, pertanto, non si verificherà mai una passione sentimentale.

Il “Canzoniere”, così, si muove a metà tra il frammento e l’opera globale.

Il poeta vorrebbe realizzare, infatti, un’opera narrativa continua, ma la complessità della sua anima non glielo permette e sceglie di scrivere delle poesie frammentarie.

Laura e Beatrice, la figura femminile prediletta da Dante nelle sue poesie, esprimono un’ulteriore differenza tra Dante e Petrarca riguardo la concezione della vita, dell’amore e dell’arte.

La figura di Beatrice, a differenza di Laura, cantata da Dante nella “Vita nova” e celebrata, poi, nella “Divina Commedia”, testimonia l’evoluzione morale ed artistica di Dante che rimane l’ultima autorevole voce del Medioevo cristiano, epoca in cui l’animo umano rimane proteso verso la conquista della beatitudine celeste, distaccato dagli interessi terreni e dai piaceri mondani.

Per Dante, la poesia è l’esaltazione delle virtù ed un mezzo di purificazione spirituale e di educazione morale; infatti, la morte di Beatrice narrata nell’opera “Vita nova” è un punto di partenza per la spiritualizzazione assoluta di Dante che, metaforicamente, rappresenta l’intera umanità (questo stratagemma lo userà anche nella “Divina Commedia”).

Beatrice, come tutte le donne del Dolce Stil Novo, viene rappresentata come grazia, candore, onestà e umiltà fino a diventare, nella cantica del Paradiso, il simbolo della teologia e della fede, l’unica che può svelare a Dante e all’umanità il mistero di Dio.

Completamente diversa è la figura di Laura che rappresenta il declino delle certezze religiose del Medioevo.

Ella è l’espressione della crisi di un’ umanità troppo a lungo repressa nei suoi slanci creativi ed ansiosa di ricoprire un ruolo attivo nella Storia.

Laura nasce in un momento di ansiosa ricerca di nuove verità, in un momento storico ricco di fermenti culturali, ma anche di angosce e di timori.

Ella rappresenta nella vita spirituale del poeta il Cielo e la Terra che non riescono a fondersi ed è, inoltre, il simbolo di un dissidio interiore che desidera una pace che non trova.

Le caratteristiche dei due poeti vengono esaltate anche nella comparazione tra due personaggi profondamente diversi  per formazione e cultura come Virgilio e Sant’Agostino (si veda Secretum).

La fama di Virgilio nel Medioevo fu enorme tanto che fu definito un maestro di eloquenza e di poesia, un modello di sapienza filosofica e, addirittura, un profeta inconsapevole delle verità cristiane (secondo un’interpretazione da parte della Chiesa sull’opera “Bucoliche”, Virgilio parla della venuta di un puer dai capelli biondi che porterà la pace nel mondo).

Egli compare nel primo canto dell’Inferno quando soccorre Dante dalle tre fiere nella selva oscura per accompagnarlo attraverso l’Inferno ed il Purgatorio all’ingresso del Paradiso.

Virgilio rappresenta l’allegoria della ragione dei filosofi pagani, capace di portare l’uomo alla felicità terrena ed al possesso delle quattro virtù cardinali (temperanza, fortezza, giustizia, prudenza), ma non alla beatitudine celeste ed alla Verità ( se non con la presenza di Beatrice come guida del Paradiso).

Sant’Agostino, invece, nell’opera Secretum assume un ruolo diverso rispetto a Virgilio nei confronti di Dante, in quanto sollecita Petrarca a riflettere sui suoi comportamenti visto che rimane essenzialmente troppo coinvolto dalle cose terrene e non rivolge mai il cuore verso le cose eterne.

Sant’Agostino lo indirizza verso la Verità tramite la valutazione degli errori che commette e, soprattutto, della sofferenza che provocano.

Il santo e filosofo in Secretum termina il dialogo affermando che il poeta ha sicuramente molte qualità, ma non ha volontà; per cui, pur facendo la differenza tra il bene ed il male non riesce a disciplinarsi per una sorta di debolezza e di pigrizia spirituale.

Sant’Agostino, pertanto, lo invita a riflettere sulla caducità delle cose terrene e sulla vita umana che può essere interrotta all’improvviso.

Ḕ innegabile che la figura di Petrarca come poeta, individuo e raffinato scrittore si sia distinta negli ambienti culturali più raffinati del suo tempo sia in Italia che in tutta Europa.

Le sue opere sono state un riferimento globale ed ancora oggi viene presentato come un precursore ed innovatore di numerose correnti letterarie (Umanesimo e Rinascimento, Barocco e Romanticismo).

Commenti

Post popolari in questo blog

Analisi del testo. Tre cose solamente mi so 'n grado di Cecco Angiolieri

Testo Tre cose solamente mi so 'n grado, le quali posso non ben men fornire: ciò è la donna, la taverna e 'l dado; queste mi fanno 'l cuor lieto sentire. Ma sì me le conven usar di rado, ché la mie borsa mi mett'al mentire; e quando mi sovvien, tutto mi sbrado, ch'i' perdo per moneta 'l mie disire. E dico: – Dato li sia d'una lancia! – Ciò a mi' padre, che mi tien sì magro, che tornare' senza logro di Francia. Trarl'un denai' di man serìa più agro, la man di pasqua che si dà la mancia, che far pigliar la gru ad un bozzagro. Parafrasi Solamente tre cose mi piacciono delle quali, però, non posso disporre: cioè la donna, l'osteria e il gioco d'azzardo; queste cose rendono allegro il mio cuore. Purtroppo, posso permettermele di rado perché la mia borsa non mi consente di realizzare tutti i miei desideri; quando mi rendo conto di ciò, mi metto a sbraitare poiché per mancanza di denaro perdo il mio desiderio. Perciò, dico a me stesso ch

Wars and social revolt in 14th century

Agincourt battle In 1337, war between England and France broke out when Edward III claimed the vacant throne of France. One of the most famous victories in English history was achieved by Henry V at Agincourt. The conflict was interrupted by other tragic events such as the Bubonic plague or Black Death. Under Henry VI's reign, the French obtained spectacular victories thanks to Joan of Arc. In the end, the English kings had lost all their continental possessions. Opposition to the Church developed in the second half of the 14th century under the leadership of John Wycliffe, a member of Oxford University who attacked the supremacy of the Pope. From 1454 to 1485 there was a civil war between the two noble houses of York and Lancaster. It was called the War of the Roses because symbols of Lancaster and York families were respectively red rose and white rose. The war was won by Henry Tudor of the Lancastrian dynasty, and he became Henry VII of England.

Comparison between Joyce's "Ulysses" and Woolf's "Mrs Dalloway"

James Joyce (1882-1941) and Virginia Woolf (1882-1941) belonged to the first generation of Modernists and it’s possible to make a comparison between their literary production analyzing their masterpieces: Ulysses and Mrs Dalloway . Ulysses Ulysses is one of the greatest examples of reworking of myth in Modernist literature. Joyce uses the epic model to stress the lack of heroism, ideals, love and trust in the modern world. The plot utterly takes place in Dublin in a single day which involves the life of three characters: Leopold Bloom, an advertising agent, Sthephen Dedalus, a sensitive young man with literary ambitions, and Molly Bloom, Leopold’s wife. Leopold Bloom, compared to Homer’s Ulysses, makes common actions: he wanders throughout the day in the streets of Dublin making errands, stopping at the advertising office and joining a funeral. He is distressed with two deep emotional burdens: the unsolved grief over his baby son’s death and the crumbling relationship with his unfa

The Ballad of Lord Randal

Text "O where ha you been, Lord Randal, my son? And where ha you been, my handsome young man?” I ha been at the greenwood; mother, mak my bed soon, “For I’m wearied wi hunting and fain wad lie down.” “An wha met ye there, Lord Randal, my son? An wha met you there, my handsome young man?” “O I met wi my true-love; mother, mak my bed soon, “For I’m wearied wi hunting and fain wad lie down.” “And what did she give you, Lord Randal, my son? And what did she give you, my handsome young man?” “Eels fried in a pan; mother, mak my bed soon, “For I’m wearied wi hunting and fain wad lie down.” “An wha gat your leavins, Lord Randal my son? And wha gat your leavins, my handsome young man?” “ My hawks and my hounds; mother, mak my bed soon, “For I’m wearied wi hunting and fain wad lie down.” “And what becam of them, Lord Randal my son? And what becam of them, my handsome young man?” “ They stretched their legs out and died; mother, mak my bed soon, “For I’m wearied wi hunting and fain wad lie

Giovanni Pascoli: Lavandare

Testo Nel campo mezzo grigio e mezzo nero resta un aratro senza buoi che pare dimenticato, tra il vapor leggero. E cadenzato dalla gora viene lo sciabordare delle lavandare con tonfi spessi e lunghe cantilene: Il vento soffia e nevica la frasca, e tu non torni ancora al tuo paese, quando partisti, come son rimasta, come l’aratro in mezzo alla maggese. Analisi e commento Lavandare è un madrigale, ossia un componimento metrico breve a sfondo pastorale, scritto da Giovanni Pascoli ed appartenente alla raccolta Myricae . In questa raccolta l'autore parla della natura che ci circonda, la campagna e gli oggetti quotidiani, osservandoli con lo stupore e la meraviglia di un bambino. Essa incorpora componimenti brevi e lineari che illustrano quadretti di vita campestre che, circondandosi di un alone di mistero, evocano l'idea della morte. Questa caratteristica è presente in Lavandare , nella quale emergono i temi ricorrenti nelle poesie di Pascoli: l'abbandono e la solitudine. Il

Analisi del testo. La vita fugge, et non s'arresta una hora di Francesco Petrarca

Testo La vita fugge, et non s'arresta una hora, et la morte vien dietro a gran giornate, et le cose presenti et le passate mi dànno guerra, et le future anchora; e 'l rimembrare et l'aspettar m'accora, or quinci or quindi, sí che 'n veritate, se non ch'i' ò di me stesso pietate, i' sarei già di questi penser' fòra. Tornami avanti, s'alcun dolce mai ebbe 'l cor tristo; et poi da l'altra parte veggio al mio navigar turbati i vènti; veggio fortuna in porto, et stanco omai il mio nocchier, et rotte arbore et sarte, e i lumi bei che mirar soglio, spenti. Parafrasi La vita fugge e non si ferma nemmeno un'ora, e la morte arriva a marce forzate, e, pertanto, tormenta sia il presente che il passato ed anche il futuro; la mia anima è angosciata sia nel ricordo del passato che nell'attesa del futuro, per cui se ad impedirmelo non fosse la pietà che avverto per la mia anima, avrei posto fine alla mia esistenza. A consolarmi è il ricordo di qu