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Dubliners by J.Joyce (riferimento a 'Eveline' e 'The dead')

“Dubliners” is a collection of fifteen short stories written by James Joyce in which the author analyses the failure of self-realisation of inhabitants of Dublin in biographical and in psychological ways. The novel was originally turned down by publishers because they considered it immoral for its portrait of the Irish city. Joyce treats in “Dubliners” the paralysis of will in four stages: childhood, youth, maturity and public life. The paralysis of will is the courage and self-knowledge that leads ordinary men and women to accept the limitations imposed by the social context they live in. In “Dubliners” the style is both realistic - to the degree of perfectly recreating characters and idioms of contemporary Dublin - and symbolic – giving the common object unforeseen depth and a new meaning in order to show a new view of reality. Joyce defines this effect “epiphany” which indicates that moment when a simple fact suddenly explodes with meaning and makes a person realise his / her condi

Il Romanticismo in campo filosofico, artistico, letterario, religioso, morale, politico, storiografico, sociale, scientifico, linguistico e differenze con l'Illuminismo

Viandante sul mare di nebbiaViandante sul mare di nebbia (1811)- Caspar David Friedrich


L’ Ottocento è un periodo storico caratterizzato da moti rivoluzionari, innovazioni in campo tecnologico ed industriale, movimenti letterari e filosofici, al punto che gli storici hanno ritenuto indispensabile suddividere questo secolo in quattro periodi:


  •            Epoca napoleonica (1804-1814)

    Ritratto di Napoleone imperatoreRitratto di Napoleone imperatore- Jacques Louis David

    Napoleone Bonaparte, incoronato nel 1804 imperatore dei francesi, intraprende una serie di gloriose campagne militari volte all'espansione del territorio francese, terminata con la campagna di Russia e, successivamente, con la sconfitta nella battaglia di Waterloo.        


  •          Restaurazione (1815-1848)

    Dopo la sconfitta di Napoleone, nel congresso di Vienna si ridefinisce l’assetto politico europeo in base al principio di legittimità dinastica, che riporta sul trono i sovrani spodestati da Napoleone, e al principio dell’equilibrio, che mira ad impedire l’egemonia di uno Stato sugli altri.

  •        Moti rivoluzionari (1820-21/1830-31/1848-49)

     

    Rivoluzione 1848 a Parigi

    Il congresso di Vienna, inoltre, mette in atto uno stretto controllo della vita politica, della stampa e dell’opinione pubblica, al fine di prevenire la diffusione di idee rivoluzionarie.

    In opposizione a questa politica autoritaria, in molti Paesi nascono società clandestine che, negli anni Venti, organizzano numerosi moti rivoluzionari, resi vani dall’intervento militare della Santa Alleanza (Austria, Prussia e Russia).

    Successivamente, una nuova ondata rivoluzionaria ripercorre l’Europa negli anni Trenta, frutto di un’alleanza tra borghesia e popolo per ottenere Costituzioni liberali e maggiori diritti civili. Degli esempi sono la Francia, dove Luigi XVIII concede una Costituzione che prevede la creazione di un parlamento bicamerale, e il Belgio, che insorge contro l’unione con Olanda ed ottiene l’indipendenza.

    Nel 1848 si verifica un’ultima ondata rivoluzionaria, priva di una direzione politica o organizzativa unitaria, provocando la fine della Restaurazione.

  •        Formazione degli Stati europei (1850-1878)

     

     Congresso di Berlino 1878

    In questo periodo la politica interna degli Stati europei si avvia verso una graduale apertura liberale e costituzionale con la stipula di costituzioni che garantiscono principalmente l’istituzione di parlamenti, i cui rappresentanti sono eletti dai cittadini.

Questi moti rivoluzionari, inoltre, diventano degli impulsi che provocano l’affermazione di una corrente culturale in tutti i campi della cultura in Europa nel XIX secolo: il Romanticismo.

Questo fenomeno pone le sue radici in quella serie di manifestazioni ed esperienze artistiche che prende il nome di PreRomanticismo.

Nella seconda metà del Settecento, Jean Jacques Rousseau nei suoi scritti fornisce un nuovo significato al termine “Romanticismo” (“romantique” in francese): esso non si riferisce più alla letteratura romanzesca medievale, ma allo stato d’animo malinconico dell’uomo che si manifesta durante la contemplazione di un particolare paesaggio naturale.

In ambito filosofico, con Edmund Burke, si dà una definizione al concetto di sublime, inteso come un sentimento di smarrimento e quasi di terrore generato da uno spettacolo grandioso ed inquietante.

Tra il 1765 e 1785 si sviluppa in Germania un movimento letterario, “Sturm und Drang” (“Tempesta ed impeto”), che stabilisce una netta separazione con la cultura illuministica e quella classica.

Gli Sturmer esaltano l’individualismo, la creatività, l’immaginazione, il titanismo eroico, la ricerca di nuove forme espressive per trasmettere al lettore emozioni intense in modo immediato.

Inoltre, assumono un ruolo importante la poesia popolare e le antiche tradizioni, in quanto esprimono profondamente l’animo del popolo e la sua storia.

Questi ideali si sviluppano in tutta Europa grazie alla diffusione di opere scritte dai suoi maggiori esponenti come “Tempesta e impeto” di Friedrich Maximilian Klinger, “I dolori del giovane Werther” di Johann Wolfgang von Goethe ed “I masnadieri” di Friedrich Schiller.

Il Romanticismo nasce ufficialmente in Germania nel 1800 quando viene pubblicata l’opera “Dialogo sulla poesia” di Friedrich Schlegel, considerata il primo manifesto del Romanticismo tedesco.

Questo movimento, successivamente, viene accolto in tutta Europa, soprattutto in Francia, grazie alla mediazione della scrittrice Madame de Staël, autrice del saggio “De l’Allemagne” (“Sulla Germania”), ed anche in Inghilterra, con l’opera “Lyrical Ballads” (“Ballate liriche”) nata dalla collaborazione tra Samuel Taylor Coleridge e William Wordsworth.

È evidente che l’estrema articolazione e complessità del fenomeno esclude la possibilità di trovare un’unica formula per definirlo; infatti, sono molteplici le esperienze maturate in Europa, legate alle tradizioni e alla cultura dei popoli.

Purtuttavia, si evidenziano alcune caratteristiche comuni del Romanticismo, derivanti principalmente dal rifiuto della tradizione classica e di quella illuministica.

Gli intellettuali appartenenti a questo movimento culturale pongono in primo piano il sentimento, le passioni e tutto ciò che è legato alla dimensione spirituale, opponendosi alla ragione dei “philosophes”, ritenuta incapace di comprendere la realtà profonda dell’uomo, di Dio e dell’universo.

A partire da questa caratteristica, considerata il fulcro del Romanticismo, i poeti nelle loro opere esprimono il proprio io, ossia la loro interiorità non attraverso un’approfondita indagine razionale, come voleva l’Illuminismo, ma tramite un abbandono spontaneo all’istinto, all’ispirazione ed alla loro stessa fantasia creatrice.

Nasce, così, il cosiddetto “soggettivismo romantico”, inteso come l’interesse assoluto verso un punto di vista individuale.

Questa articolata indagine conduce l’uomo ad un bivio, fino a quel momento sconosciuto ed incomprensibile: l’Assoluto e l’Infinito. Queste due entità diventano due utopiche mete alle quali l’uomo tende invano, in quanto egli è un essere umano “finito”.

In questo modo, si crea quel dissidio interiore caratterizzato dal desiderio di Infinito e dalla volontà di andare oltre la dimensione materiale dell’esistenza che pervade i personaggi principali delle opere romantiche.

Questo dissidio si evidenzia, soprattutto, quando i personaggi (definiti “eroi romantici”) per realizzare le proprie aspirazioni, devono scontrarsi continuamente con la società del tempo e le sue regole.

Questa lotta può sfociare:

  •   nell’ ironia dell’individuo, considerata come consapevolezza che ogni realtà finita, compreso l’uomo, è impari di fronte all’Infinito. Pertanto, l’uomo non deve prendere sul serio le sue opere, nonostante esse siano ispirate dai sentimenti;

oppure

  •   nel “titanismo eroico”, inteso come atteggiamento di ribellione con gesti eclatanti, giacché, alla fine, egli risulterà perdente, ossia incapace di superare le barriere del finito.

 

Entrambe queste vie conducono l’uomo alla malinconia e, di conseguenza, al desiderio della morte.

L'incendio delle Camere dei Lord e dei Comuni L'incendio delle Camere dei Lord e dei Comuni (1835)- William Turner

Questi sentimenti contrastanti sono alla base del sublime che, contrapponendosi alla perfezione ed all’armonia della tradizione classica, indica l’attrazione e il piacere provato dall’uomo per tutto ciò che è inquietante, violento, ma, allo stesso tempo, grandioso e magnifico.

Questa elaborata indagine, tuttavia, può essere lenita dall’arte, dalla religione e dalla filosofia.

Con il Romanticismo, infatti, si diffonde l’interesse per la religione (in particolare quella cristiana), considerata una risposta al bisogno di riscoprire tradizioni secolari, di analizzare il proprio io, di trovare i lati oscuri dell’animo per poi saperli, opportunamente, redimere.

In particolare, si tiene conto di un modello religioso teista e trascendente per poter spiegare la relazione tra Finito ed Infinito, del quale la prima entità è una manifestazione parziale.

AngelusAngelus- Jean-François Millet

I Romantici, inoltre, sottolineano il legame tra la religione e la natura ricorrendo al panteismo, che attribuisce all’universo caratteri divini, e al panpsichismo, secondo il quale tutti gli elementi della realtà vivono e possiedono una natura psichica analoga a quella dell'uomo.

Questa concezione si diffonde, in particolare, nel mondo dell’arte. 

A differenza dell'Illuminismo, il quale affermava che la natura era regolata da un complesso di leggi e fenomeni comprensibili attraverso l'uso della Ragione, il Romanticismo sottolinea che la natura è il luogo in cui l'anima può dare sfogo alla propria malinconia e, attraverso essa, l'individuo entra in contatto con una dimensione superiore, che non può essere percepita con l'aiuto della Ragione ma solo abbandonandosi ai sensi ed alla fantasia.

In questo modo, l'uomo e la natura, secondo l'organicismo, possiedono una medesima struttura spirituale, la quale autorizza un'interpretazione psicologica dei fenomeni fisici ed un'interpretazione fisica dei fenomeni psichici.

Per questo motivo, l'artista viene considerato come uno spirito superiore che ha il compito di esprimere la propria personalità in maniera originale e spontanea.

Per andare incontro a questa esigenza, si adotta come linguaggio artistico la pittura che, in questo periodo, viene classificata in:

  • pittura paesaggistica, dove vengono ritratti paesaggi grandiosi che evidenziano il profondo rapporto uomo-natura e, allo stesso tempo, la piccolezza dell’essere umano;
Mare al chiaro di luna (1835 ca)- Caspar David Friedrich

  • pittura storica, dove vengono rappresentati episodi tratti dalle grandi rivoluzioni contemporanee oppure dalla storia medioevale per risvegliare il sentimento patriottico e incitare alla lotta contro i dominatori stranieri.

 

La Libertà che guida il popolo La Libertà che guida il popolo (1830)- E. Delacroix

Gli intellettuali, tuttavia, affermano che un sentimento capace di colmare questo dissidio interiore, al punto da diventare un anello di congiunzione tra l’uomo e l’Assoluto, è l’amore.

Il bacio Il bacio (1859)- Francesco Hayez 

Esso appare come il sentimento più forte che anima tutto ciò che costituisce la realtà e, addirittura, è parte integrante dell’Assoluto.

All’amore “romantico” vengono riconosciute alcune caratteristiche come la globalità, in quanto si ama con l’anima e il corpo, ed essere l’unità assoluta degli amanti, visto che si “fondono” in modo tale che “ciò che è due possa diventare uno” (concezione ripresa da Hegel).

In esso, inoltre, si manifesta l’Assoluto giacché a fondersi sono due creature diverse (l’uomo e la donna), così come l’Infinito è unione di uomo e natura.

Esso, tuttavia, raramente ha esito felice: nasce, così, il tema dell’amore irraggiungibile, travagliato, raccontato da Goethe nel romanzo epistolare “I dolori del giovane Werther”, che si conclude con il suicidio del protagonista poiché non può avere colei che ama.

Quindi, questo sentimento trionfa principalmente nel sogno o nella morte, dove si azzerano tutti i limiti terreni; se non si riesce a godere questo sentimento, sinonimo di vita, allora l’uomo opta per il suicidio.

L’amore, tuttavia, per i Romantici si identifica anche con i concetti di patria e di nazione.

Allegoria Italia Allegoria dell'Italia (Unita)

Gli intellettuali, infatti, affermano che la fantasia creatrice e il genio, presenti non solo nel poeta, ma in tutti i popoli, hanno saputo erigere grandissime opere artistiche e portare avanti il processo storico fino alla modernità, alla nascita della nazione, intesa come insieme di lingua, cultura e tradizione popolare.

L’idea di nazione è un altro aspetto che contrappone il Romanticismo all’Illuminismo: il primo rivendica i diritti dell'individuo finito, determinato ed il senso della tradizione, che erano stati sostituiti dal secondo movimento con il cosmopolitismo.

Nell’Ottocento, questo ideale assumerà un ruolo determinante nella nascita dei moderni Stati europei: la nazione non viene più intesa solo su un piano linguistico culturale, ma anche su quello politico.

Per i popoli che, come quello italiano e quello tedesco, non avevano al tempo ancora realizzato la loro unità, la nazione non poteva essere un puro ricordo storico, bensì un patto da stringere tra gli uomini, dunque un progetto per il futuro.

La nazione, quindi, esprimendo un rapporto di vicinanza infinita tra gli uomini, come “quella che è per natura tra il padre ed i figli”, assume un significato del tutto inedito: la patria.

Essa, infatti, esprime l’esigenza di organizzare la comunità in modo da salvaguardare ricordi comuni, tradizioni, ed il bisogno impellente di associarsi in un patto (la Costituzione) che garantisca gli interessi del presente e i progetti del futuro.

L’attenzione ai concetti di nazione e di patria conducono ad un generale interesse per le origini delle culture nazionali, ossia per la storia, intesa come processo evolutivo di un popolo.

La concezione della storia è un altro punto nel quale divergono l’Illuminismo ed il Romanticismo.

Per gli Illuministi la storia è opera dell’uomo, rifiutano il passato, a meno che non rispecchi i canoni della Ragione.

Le epoche storiche, pertanto, che non sono sinonimo di progresso umano sono ritenute lacunose, buie, come, ad esempio, il Medioevo.

I Romantici, invece, esprimono la necessità di analizzare la storia in tutti i suoi aspetti, di accettarla come “ogni momento della vita umana”, in quanto essa è un processo naturale di cui ogni evento è irrinunciabile e irripetibile.

Pertanto, nell’Ottocento è esemplare la rivalutazione del Medioevo che viene ritenuta un’epoca in cui si è formato lo “spirito nazionale” dei vari Paesi europei.

Questi concetti vanno a costituire lo storicismo: una concezione organica della vita individuale e della storia come incessante divenire e continuo progresso.

Il presente è la risultante di tutti gli eventi passati e reca in sé i germi dell'avvenire, un superamento del passato, che , però, accoglie, continua, integra l'esperienza più valida.

Mentre la concezione illuministica della storia appare statica, fondata sulla persistenza immutabile di certi valori, quella romantica è dinamica, protesa alla conquista di valori sempre più alti e complessi, in un processo che si svolge all'infinito.

Gli ideali di nazione e di patria trattati dal Romanticismo vengono accolti ed esaltati in Italia, al punto che il termine “romantico” finisce per assumere anche il significato di “ribelle” e di “patriota”.

In Italia questo movimento culturale si diffonde a partire dal 1816 con la pubblicazione di un articolo sul primo numero della “Biblioteca Italiana” della scrittrice Madame de Staël dal titolo “Sulla maniera e la utilità delle traduzioni”.

Madame de Staël Madame de Staël

In questo articolo, l’autrice invita gli intellettuali italiani a tradurre le opere straniere contemporanee per far circolare le nuove idee in Italia.

A questo punto, gli intellettuali si dividono fra sostenitori delle nuove idee provenienti dall’Europa e strenui difensori del classicismo, capitanati da Pietro Giordani.

Quest’ultimo afferma, infatti, la necessità di tutelare l’identità della letteratura italiana attraverso la prosecuzione della tradizione classica.

Il dibattito si protrae per molti anni e si constata che una linea classicista è perdurata per l’intero Ottocento, ma la nuova sensibilità romantica ottiene un’importante vittoria, ossia quella di aver contribuito alla formazione di una lingua nazionale che possa identificare il popolo italiano.

L'organo di diffusione delle idee romantiche, così, diventa il giornale milanese "Il Conciliatore", la cui direzione comprende Silvio Pellico, Pietro Borsieri, Giovanni Berchet, Ermes Visconti, Ludovico di Breme.

Consapevoli delle profonde trasformazioni culturali, economiche e sociali in atto, i redattori ritengono necessario che i letterati e gli intellettuali si diano da fare per introdurre in Italia le novità letterarie, filosofiche e scientifiche del nuovo tempo.

Essi, quindi, rimproverano gli studiosi italiani dell'arretratezza, dell'inutilità, della decadenza degli studi, affermando la necessità di una cultura ed una lingua moderne e comuni.

La secolare questione della lingua accompagna la letteratura italiana fin dal Trecento con Dante, col suo “De vulgari eloquentia”.

Gli stessi scrittori si posero il problema di quale fosse il migliore idioma nel quale comporre in versi e in prosa.

Un primo assestamento normativo della lingua letteraria si ebbe nel Cinquecento con Pietro Bembo, che fissò il canone di imitazione (Petrarca per la poesia e Boccaccio per la prosa) al quale gli scrittori non toscani dovevano attenersi. A sostenere e diffondere questo “canone” contribuì l’Accademia della Crusca e il “Vocabolario” da essa compilato (1612).

A partire dal secondo Settecento quel “canone” fu messo in discussione dalla cultura illuministica e si cominciò a guardare alle lingue europee e a valorizzare l’uso letterario dei dialetti.

Purtuttavia, nell'Ottocento la frammentazione culturale e geopolitica della penisola portò come conseguenza la mancanza di una lingua nazionale non letteraria, aggravata dal diffusissimo analfabetismo e dall’assenza, inoltre, di organi di stampa unitari e di un apparato burocratico che contribuissero alla creazione di una lingua comune, diversa da quella dei letterati e da quella della Chiesa cattolica (il latino).

Pertanto, per i Romantici italiani diventa centrale l’esigenza di scrivere opere che contribuiscano al progresso civile della società e che siano comprensibili per il popolo, trattando temi di attualità ed adottando un linguaggio moderno ed intelligibile, depurato dall’uso di termini aulici classicheggianti.

In questo periodo si propongono diverse soluzioni, tra le quali spiccano: il purismo, il classicismo e la soluzione manzoniana.

La prima posizione si rifà alla “Dissertazione sopra lo stato presente della lingua italiana” (1810) dell’abate Antonio Cesari.

Dissertazione sopra lo stato presente della lingua italiana Dissertazione sopra lo stato presente della lingua italiana di Antonio Cesari

Secondo le idee dell’abate e dei puristi, la lingua italiana da tenere come modello è il fiorentino trecentesco (“il Toscano nacque per così dire bello e formato, soave, regolato, gentile; con modi di dire leggiadri, vivaci, espressivi…”) nella sua espressione letteraria, rappresentata dagli “scrittori che la rendettero chiara e illustre”. (Dante, Petrarca, Boccaccio).

I puristi, inoltre, promuovono la ristampa del “Vocabolario della Crusca”, aggiungendo moltissimi termini tratti dal quotidiano, secondo la convinzione che “tutti […] in quel benedetto tempo del 1300 parlavano e scrivevano bene”.

La soluzione classicista, invece, sostenuta principalmente da Vincenzo Monti e Pietro Giordani, è espressa nella “Proposta di alcune correzioni e aggiunte al Vocabolario della Crusca”.

Proposta di alcune correzioni e aggiunte al Vocabolario della Crusca Proposta di alcune correzioni e aggiunte al Vocabolario della Crusca di Vincenzo Monti

Nella polemica contro Cesari, che vede nei trecentisti solo “oro purissimo”, Monti considera che le lingue seguendo “le vicende dei popoli e l'avanzamento delle cognizioni, col mutar de' costumi e col crescer delle idee mutano e crescono anch'esse le loro fogge di dire” e che “non pe' morti, ma pe' vivi si ha da scrivere”.

Pertanto, si afferma la necessità di una lingua italiana comune a tutta la penisola, che non si limiti ad attingere al fiorentino del Trecento, ma accolga termini scientifici, stranieri e neologismi.


In netto contrasto con le posizioni precedenti, i romantici spostano la questione dall’ambito letterario a quello dell’uso.

Essi si rendono conto, infatti, della necessità di una lingua nazionale che identifichi al massimo il popolo italiano, adattandosi alle necessità del presente, pur rimanendo legata alle sue radici.

Pertanto, mettono bene in chiaro il bisogno di uno strumento d’uso quotidiano e ampio, accessibile a tutti i cittadini della nazione che si va affermando e che si avvia verso l’autonomia.

In questo processo, assumono una grande importanza le esigenze politiche dei patrioti, che trovano difficoltà di comunicazione sia per il controllo esercitato dalla censura austriaca che per la mancanza di un linguaggio comune che costituisca elemento di unificazione tra i cittadini, indipendentemente dal loro livello di alfabetizzazione o dalla loro preparazione culturale.

Graziadio Isaia Ascoli Graziadio Isaia Ascoli

Lo scrittore romantico Graziadio Isaia Ascoli afferma nell’opera “Proemio” che per giungere a una lingua unitaria non è né necessario né utile far riferimento al fiorentino trecentesco o ad un altro determinato dialetto, ma fare tesoro dell’intera tradizione letteraria italiana.

L’impianto della lingua italiana è decisamente fiorentino e letterario, ma è anche il risultato di una elaborazione nazionale, che lo ha condizionato e modificato.

In base a ciò, secondo Ascoli e i suoi sostenitori, bisogna diffondere la tradizione culturale e letteraria in fasce sempre più ampie di popolazione italiana, rendendo l’alfabetizzazione un’esigenza impellente dal punto di vista sociale.

 Alessandro Manzoni

Purtuttavia, il più importante intellettuale romantico che ha dato un contributo significativo alla questione della lingua è stato Alessandro Manzoni.

Nella stesura definitiva del suo romanzo storico e di formazione “Promessi Sposi”, avvertendo la necessità di scriverlo in una lingua comprensibile al maggior numero di lettori possibile, Manzoni dopo il soggiorno a Firenze del 1827 intende “risciacquare i panni in Arno”, ossia adottare decisamente il dialetto fiorentino parlato dalle persone colte.

Egli, così, tra il 1837 e il 1840, mette in atto una radicale revisione linguistica del romanzo, offrendo all’Italia un nuovo modello di lingua unitaria.

La soluzione manzoniana risulterà vincitrice sia per l’enorme successo dei “Promessi Sposi” che per l’attribuzione allo scrittore milanese del ruolo di presidente della Commissione per la lingua del Regno d’Italia, grazie al quale diffonde la sua proposta a tutta la nazione, istituendo un vocabolario della lingua fiorentina del tempo “Novo vocabolario della lingua italiana secondo l'uso di Firenze” (1870-1897).

Il Romanticismo italiano, per questa ed altre problematiche, è strettamente legato alle vicende politiche del Risorgimento e si allontana dalla dimensione fantastica ed irrazionale favorita dal Romanticismo tedesco e inglese.

Il movimento Romantico può ritenersi concluso attorno alla metà dell'Ottocento.

Molte sue istanze, però, continuarono ad incidere sui movimenti letterari successivi, provocando dei cambiamenti determinanti, presenti anche ai giorni nostri.

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