“Dubliners” is a collection of fifteen short stories written by James Joyce in which the author analyses the failure of self-realisation of inhabitants of Dublin in biographical and in psychological ways. The novel was originally turned down by publishers because they considered it immoral for its portrait of the Irish city. Joyce treats in “Dubliners” the paralysis of will in four stages: childhood, youth, maturity and public life. The paralysis of will is the courage and self-knowledge that leads ordinary men and women to accept the limitations imposed by the social context they live in. In “Dubliners” the style is both realistic - to the degree of perfectly recreating characters and idioms of contemporary Dublin - and symbolic – giving the common object unforeseen depth and a new meaning in order to show a new view of reality. Joyce defines this effect “epiphany” which indicates that moment when a simple fact suddenly explodes with meaning and makes a person realise his / her condi
Testo
La vita fugge, et non s'arresta una hora,
et la morte vien dietro a gran giornate,
et le cose presenti et le passate
mi dànno guerra, et le future anchora;
e 'l rimembrare et l'aspettar m'accora,
or quinci or quindi, sí che 'n veritate,
se non ch'i' ò di me stesso pietate,
i' sarei già di questi penser' fòra.
Tornami avanti, s'alcun dolce mai
ebbe 'l cor tristo; et poi da l'altra parte
veggio al mio navigar turbati i vènti;
veggio fortuna in porto, et stanco omai
il mio nocchier, et rotte arbore et sarte,
e i lumi bei che mirar soglio, spenti.
et la morte vien dietro a gran giornate,
et le cose presenti et le passate
mi dànno guerra, et le future anchora;
e 'l rimembrare et l'aspettar m'accora,
or quinci or quindi, sí che 'n veritate,
se non ch'i' ò di me stesso pietate,
i' sarei già di questi penser' fòra.
Tornami avanti, s'alcun dolce mai
ebbe 'l cor tristo; et poi da l'altra parte
veggio al mio navigar turbati i vènti;
veggio fortuna in porto, et stanco omai
il mio nocchier, et rotte arbore et sarte,
e i lumi bei che mirar soglio, spenti.
Parafrasi
La vita fugge e non si ferma nemmeno un'ora,
e la morte arriva a marce forzate,
e, pertanto, tormenta sia il presente che il passato
ed anche il futuro;
la mia anima è angosciata sia nel ricordo del passato che nell'attesa del futuro,
per cui se ad impedirmelo non fosse la pietà che avverto per la mia anima,
avrei posto fine alla mia esistenza.
A consolarmi è il ricordo di quel poco di dolcezza
che il mio cuore ebbe la possibilità
di godere per la presenza di Laura:
oggi vedo solo la tempesta in porto
ed il timoniere è troppo stanco per guidare l'imbarcazione.
Solo gli occhi di Laura riuscivano in quest'intento, ma ormai sono spenti.
e la morte arriva a marce forzate,
e, pertanto, tormenta sia il presente che il passato
ed anche il futuro;
la mia anima è angosciata sia nel ricordo del passato che nell'attesa del futuro,
per cui se ad impedirmelo non fosse la pietà che avverto per la mia anima,
avrei posto fine alla mia esistenza.
A consolarmi è il ricordo di quel poco di dolcezza
che il mio cuore ebbe la possibilità
di godere per la presenza di Laura:
oggi vedo solo la tempesta in porto
ed il timoniere è troppo stanco per guidare l'imbarcazione.
Solo gli occhi di Laura riuscivano in quest'intento, ma ormai sono spenti.
Analisi
Situato nella sezione "In morte di Madonna Laura", "La vita fugge, et non s'arresta una hora" è un sonetto appartenente al Canzoniere il cui schema metrico è a rima incrociata ABBA ABBA per le due quartine e a rima ripetuta CDE CDE per le due terzine, con versi endecasillabi.
Il registro linguistico utilizzato nella poesia è definito monolinguistico perché utilizza unicamente il latino (è visibile espressamente nei latinismi et, hora, anchora), considerata l'unica lingua illustre a quel tempo.
Le figure retoriche rilevanti in questo sonetto sono:
Il registro linguistico utilizzato nella poesia è definito monolinguistico perché utilizza unicamente il latino (è visibile espressamente nei latinismi et, hora, anchora), considerata l'unica lingua illustre a quel tempo.
Le figure retoriche rilevanti in questo sonetto sono:
- anafora presente nelle parole et e veggio che conferiscono all'opera un effetto ritmico incalzante al fine di trasmettere al meglio al lettore i sentimenti del poeta;
- metafora presente nel secondo verso quando la morte viene paragonata alla morte, e nella seconda terzina quando il poeta paragona l'esistenza dell'uomo ad una navigazione;
- enjambements presenti nei versi 3-4, 9-10, 10-11, 12-13;
- anastrofe presente nei versi 7 e 8.
Il poeta è profondamente angosciato poiché non riesce a vivere il presente né a programmare il futuro ed, ancor meno, pensare al passato; infatti, quest'ultimo porta Petrarca a ricordare con maggior rimpianto quel sentimento che gli riempiva il cuore allorché guardava gli occhi di Laura.
I sentimenti che il poeta prova sono antitetici, giacché la sua esistenza si barcamena tra il ricordo e l'attesa.
La dimensione interiore dell'autore, come in tutte le sue poesie, si riflette costantemente nel paesaggio.
In questo caso è presente un porto che simboleggia la salvezza; ormai, come il nocchiere, anche Petrarca è stanco di navigare poiché si sono spenti quei "lumi" (gli occhi di Laura) che era solito contemplare.
La morte di Laura getta il poeta nell'angoscia più profonda e o porta a desiderare di annullarsi totalmente.
Tuttavia, avendo una formazione religiosa, ritiene la vita un dono di Dio e degna di essere vissuta.
Il poeta rimette in discussione la sua condizione personale chiedendosi se mai è riuscito ad essere felice in questa vita.
Egli paragona tutte le difficoltà che ha dovuto affrontare ai "venti contrari" che disturbano la navigazione.
Questo stato d'animo lo porta a pensare alla fine di questa vita giacché non ha più quelle "luci", ormai spente, che erano un punto di riferimento per la sua "navigazione".
Lo spazio e il tempo in questo sonetto assumono per Petrarca il significato dell'eternità e la possibilità di continuare nella sua esistenza travagliata e di uomo e di poeta.
I sentimenti che il poeta prova sono antitetici, giacché la sua esistenza si barcamena tra il ricordo e l'attesa.
La dimensione interiore dell'autore, come in tutte le sue poesie, si riflette costantemente nel paesaggio.
In questo caso è presente un porto che simboleggia la salvezza; ormai, come il nocchiere, anche Petrarca è stanco di navigare poiché si sono spenti quei "lumi" (gli occhi di Laura) che era solito contemplare.
La morte di Laura getta il poeta nell'angoscia più profonda e o porta a desiderare di annullarsi totalmente.
Tuttavia, avendo una formazione religiosa, ritiene la vita un dono di Dio e degna di essere vissuta.
Il poeta rimette in discussione la sua condizione personale chiedendosi se mai è riuscito ad essere felice in questa vita.
Egli paragona tutte le difficoltà che ha dovuto affrontare ai "venti contrari" che disturbano la navigazione.
Questo stato d'animo lo porta a pensare alla fine di questa vita giacché non ha più quelle "luci", ormai spente, che erano un punto di riferimento per la sua "navigazione".
Lo spazio e il tempo in questo sonetto assumono per Petrarca il significato dell'eternità e la possibilità di continuare nella sua esistenza travagliata e di uomo e di poeta.
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