“Dubliners” is a collection of fifteen short stories written by James Joyce in which the author analyses the failure of self-realisation of inhabitants of Dublin in biographical and in psychological ways. The novel was originally turned down by publishers because they considered it immoral for its portrait of the Irish city. Joyce treats in “Dubliners” the paralysis of will in four stages: childhood, youth, maturity and public life. The paralysis of will is the courage and self-knowledge that leads ordinary men and women to accept the limitations imposed by the social context they live in. In “Dubliners” the style is both realistic - to the degree of perfectly recreating characters and idioms of contemporary Dublin - and symbolic – giving the common object unforeseen depth and a new meaning in order to show a new view of reality. Joyce defines this effect “epiphany” which indicates that moment when a simple fact suddenly explodes with meaning and makes a person realise his / her condi
Ciao a tutti!
Oggi discuto di uno dei romanzi più rilevanti del Neorealismo per l'aspetto stilistico ed altre caratteristiche appartenenti al suddetto movimento culturale, scritto da Pier Paolo Pasolini: Ragazzi di vita.
Pier Paolo Pasolini pubblica il romanzo nel 1955, dopo essersi trasferito a Roma solo da qualche anno.
Per lo scrittore romano, che proviene dal Friuli, Roma rappresenta una città-mondo realizzatasi nei secoli, nella quale immergersi per scoprire in essa una città da raccontare in una lingua nuova in tutta la sua grazia ed il suo sfacelo, la sua gente ed il suo brulicare.
Tutta l’opera dello “straniero” Pasolini si caratterizza sia rispetto alla metropoli che rispetto ai criteri ufficiali della cultura italiana dell’epoca.
Il rapporto dell’autore con la città di Roma rimane pervasivo fino all’anno della sua stessa uccisione, avvenuta esattamente nel 1975.
In Ragazzi di vita Pasolini, dunque, racconta una Roma degli emarginati, quella dei sottoproletari, categoria di persone che rimane sempre esclusa dalla Storia.
Il personaggio principale del romanzo è Riccetto, un ragazzo che cresce insieme ai suoi coetanei in una borgata romana tra la Seconda Guerra Mondiale ed i primi anni ’50.
Il mondo dei "ragazzi di vita” di Pasolini è separato da quello degli adulti e dalle loro regole.
È un mondo, dunque, che vive di vita propria; il lavoro e i “valori borghesi” espressi dalla società dominante sono del tutto assenti.
Questi ragazzi sono pervasi dal desiderio di vivere ed impossessarsi delle “briciole” che possono prendere quando riescono a sfiorare il benessere della metropoli.
Quando ciò accade vivono la giornata e non si preoccupano del domani.
Essi organizzano dei piccoli furti, per esempio, rubare: “fasci di canapetti”, “barattoli di grasso, di cinghie di torni e di ferraccio” e altre merci al Ferrobedò e ai Mercati Generali o, addirittura, chiusini di ghisa delle fognature per poi rivenderli allo “stracciarolo”.
Pasolini ritrae, dunque, un mondo privo di morale e, nel momento in cui appare cinico, rimane, comunque, inconsapevole della gravità delle conseguenze delle proprie azioni e, pertanto, innocente.
La trama del romanzo è scandita da otto capitoli, suddivisi ognuno, a sua volta, da otto episodi.
I protagonisti sono degli adolescenti appartenenti al mondo del sottoproletariato urbano che vivono alla giornata con espedienti, arrangiandosi come possono, cercando di accaparrarsi ogni genere di oggetto che possa essere rivenduto.
Riccetto, il protagonista del romanzo, dopo aver racimolato del denaro vendendo ad uno stracciarolo dei chiusini in ghisa, affitta una barca per navigare sul Tevere con gli amici.
Durante questo giro in barca, all’inizio del romanzo, egli rischia la vita, gettandosi in acqua, per salvare una rondine che sta per annegare.
Tale generosità dimostra la sua vera natura, sebbene egli si comporterà, poi, da delinquente.
All’età di 18 anni, vivendo sempre bighellonando e rubacchiando, con un amico detto il Caciotta, cercano di vendere delle poltrone.
Concluso l’affare, trattengono i soldi e con essi comprano abiti nuovi, vanno a mangiare una pizza e, successivamente, al cinema.
Poi, passeggiando per Villa Borghese, incontrano dei compagni di male affare, con i quali trascorrono la notte.
L’indomani mattina, Ricetto scopre di essere stato derubato delle scarpe e del denaro e, pertanto, sono costretti a mangiare alla mensa dei frati per una decina di giorni finché adocchiano una signora, la seguono e la borseggiano.
Felicissimi salgono sull’autobus per tornare verso il Tiburtino.
Caciotta, incautamente, mostra il malloppo agli amici, gesto che viene notato da Amerigo, un coetaneo malvivente di Pietralata, dedito al fumo ed alla droga.
Questi li porta in una bisca e, dopo una piccola vincita a zecchinetta, perde tutti i soldi che Riccetto gli aveva prestato.
L’arrivo della polizia comporta l’arresto di Caciotta ed Amerigo.
Riccetto, intanto, rimane indifferente al suicidio di Amerigo e si accompagna a Lenzetta (già incontrato qualche sera prima in Villa Borghese).
La sua vita sembra cambiare finché un giorno viene arrestato per un crimine e deve scontare tre anni di prigione.
Dopo tre anni raggiunge il cugino con la sua famiglia.
La situazione con la quale deve convivere è drammatica.
Alduccio non lavora e non aiuta in casa, anzi, esasperato accoltellerà sua madre.
Altra famiglia drammaticamente presente nello stesso contesto è quella del Begalone.
Successivamente, Alduccio e Begalone incontrano Riccetto e, poco dopo, si rivedono sull’Aniene.
L’atmosfera è tesa e violenta: prima vengono incitati due cani a combattere tra di loro, poi prendono di mira il Piattoletta, un ragazzo debole e deforme che nessuno difende.
Dopo una serie di angherie, lo legano ad un palo e gli appiccano fuoco; egli si salva ustionandosi.
Successivamente, Begalone, malato di tisi, si sente male durante un bagno lungo l’Aniene insieme a Riccetto, Genesio e i fratelli di quest’ultimo.
Riccetto, per mostrare superiorità a Genesio, si getta in acqua percorrendo avanti ed indietro il fiume.
A questo punto, Genesio prova ad emulare Riccetto, ma non riesce a ritornare indietro e muore trascinato dai mulinelli.
I fratelli non riescono a salvarlo, mentre Riccetto, di nascosto, decide di non intervenire in aiuto ed assiste alla sua morte.
È evidente che Riccetto è ormai cambiato: ha tagliato i riccioli ed è molto diverso dal ragazzo che aveva rischiato la vita per salvare la rondine.
La sua attenzione è tutta rivolta verso l’integrazione nel mondo individualista borghese.
Egli fa il manovale stabile in una ditta di Ponte Mammolo.
La posizione di Pasolini scrittore rimane sempre quella di colui che si immerge nei fatti che narra; però, come precisa al suo editore Livio Garzanti: “Io come narratore non interferisco”.
Egli, infatti, non “interferisce” mai e cerca, soprattutto, di ridurre la distanza sociale e culturale tra sé ed i suoi personaggi.
Sospende, inoltre, anche un suo giudizio, restituendo, così, una vitalità notevole alla borgata, soprattutto nelle situazioni di maggiore violenza, spesso, intrise di ferocia.
L’ operazione gli viene facilitata anche dalla decisione di scrivere il romanzo non nell’italiano “standard” dell’epoca, bensì in una nuova lingua che assorbe ed ingloba quella parlata dai suoi personaggi (romanesco).
Il romanesco, infatti, è parlato non solo dai suoi personaggi, ma è adottato anche nelle sue opere come lingua letteraria mescolandola all’italiano colto.
Ragazzi di vita, pertanto, non è solo un libro realista o neorealista che descrive dettagliatamente un mondo escluso fino a quel momento dalla letteratura, dalla politica e dalla Storia, ma è (essenzialmente per questo motivo) ritenuto anche un romanzo sperimentale.
Dopo una lunga meditazione, sceglie tale lessico in quanto lo ritiene l’unico modo per restituire una identità ad un mondo di cui egli sa perfettamente di non farne parte.
Il romanzo non ha un andamento lineare; infatti, Riccetto si evolve nella crescita ed è circondato da numerosi personaggi che mutano intorno a lui.
La Roma di oggi non è più quella città popolare con i suoi riti, le sue giornate e le sue leggi non scritte.
La Roma attuale è fatta di periferie e borgate lontane dal centro della città ed i luoghi sono profondamente cambiati poiché una rabbia assoluta corrode le fondamenta della stessa e manca, ormai, quell’età dell’innocenza dipinta da Pasolini.
Molti critici ritengono “Ragazzi di vita” un libro a sé stante, in quanto, la Roma raccontata successivamente forma una poliedrica produzione artistica che esalta nuove identità presenti nella stessa città.
È evidente che le opere di Pasolini sono interdipendenti tra di loro per l’affinità delle caratteristiche che li contraddistinguono.
È proprio l’autore che si rende conto che il mondo dei “Ragazzi di vita” sta definitivamente scomparendo.
Nel 1964 lo evidenzia in Poesia in forma di rosa:
“
…
Giro per la Tuscolana come un pazzo,
per l’Appia come un cane senza padrone.
O guardo i crepuscoli, le mattine su Roma,
sulla Ciociaria, sul mondo,
come i primi atti della Dopostoria,
cui io assisto, per privilegio d’anagrafe,
dall’orlo estremo di qualche età sepolta. ”
Egli sfrutta le semplici azioni di una piccola parte di persone rispetto a tutta Roma e a tutta l’Italia intera per narrare il degrado sociale che aveva colpito tutto il Paese dopo il conflitto.
Intravede un genocidio culturale nella fine di quel mondo culturalmente diverso dal contemporaneo che si contrappone ai valori, alla lingua e all’ipocrisia della borghesia italiana.
L’autore, infatti, vede nell’universo consumista che aveva colonizzato tutto, la fine di quei minimi limiti che aveva escluso in “Ragazzi di vita” e in “Accattone”.
Ormai, il mondo contemporaneo aveva nuovi costumi, nuovi desideri, una nuova lingua, cioè quelli diffusi dalla televisione e dalla pubblicità.
L’ Italia era, ormai, un Paese meno ricco di differenze sociali.
I nuovi Riccetto e Accattone non sono più simpatici, ma tristi, nevrotici, incerti e si vergognano di essere operai, imitano i “figli di papà”, i farlocchi, coloro che sono il modello-guida della nuova classe emergente.
Pasolini con le sue opere illustra un percorso radicale che segna Roma, l’Italia, il mondo dagli albori della civiltà al consumismo sfrenato.
Le perdite notevoli della guerra e le successive interferenze politiche avevano modificato lo status e le mentalità generazionali creando una società incapace di evolversi dandosi delle regole, evitando, così, di precipitare in una confusione assoluta.
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