“Dubliners” is a collection of fifteen short stories written by James Joyce in which the author analyses the failure of self-realisation of inhabitants of Dublin in biographical and in psychological ways. The novel was originally turned down by publishers because they considered it immoral for its portrait of the Irish city. Joyce treats in “Dubliners” the paralysis of will in four stages: childhood, youth, maturity and public life. The paralysis of will is the courage and self-knowledge that leads ordinary men and women to accept the limitations imposed by the social context they live in. In “Dubliners” the style is both realistic - to the degree of perfectly recreating characters and idioms of contemporary Dublin - and symbolic – giving the common object unforeseen depth and a new meaning in order to show a new view of reality. Joyce defines this effect “epiphany” which indicates that moment when a simple fact suddenly explodes with meaning and makes a person realise his / her condi
Introduzione
Il pensiero di F. Nietzsche è caratterizzato da una critica radicale della civiltà e della filosofia dell’Occidente che si traduce in una distruzione delle certezze del passato.
Quest’opera di demolizione polemica del passato mette capo alla delineazione di un nuovo tipo di umanità tratteggiato da Nietzsche nell’immagine dell’ “oltreuomo”.
Quest’opera di demolizione polemica del passato mette capo alla delineazione di un nuovo tipo di umanità tratteggiato da Nietzsche nell’immagine dell’ “oltreuomo”.
A questa originalità di contenuti si accompagna la ricerca di nuove modalità espressive e di nuove forme di comunicazione filosofica (saggio e trattato, aforisma, poesia e prosa, invettiva polemica, annuncio profetico ricco di simboli, allegorie e parabole) aventi come attributo comune un tono personale e coinvolgente.
Il pensiero di Nietzsche è definito programmaticamente asistematico:
- Programmatico perché il filosofo ha una visione e un pensiero precisi e definiti;
- Asistematico perché egli, nelle sue opere, non sviluppa in modo lineare un unico argomento ma ne tratta molti.
A causa dell’asistematicità del pensiero, il discorso di Nietzsche presenta una pluralità di significati ed un’impossibilità, quindi, di interpretarlo univocamente.
L’opera di Nietzsche viene convenzionalmente suddivisa in alcune fasi intese come tappe transitorie di un pensiero in divenire:
- Il periodo giovanile: La nascita della tragedia, Considerazioni inattuali;
- Il periodo illuministico: Umano troppo umano, Aurora, La gaia scienza;
- Il periodo di Zarathustra: Così parlò Zarathustra;
- L’ultimo Nietzsche: Al di là del bene e del male, Genealogia della morale, Ecce homo, L’Anticristo.
Il periodo giovanile
L’opera principale di questo periodo è "La nascita della tragedia dallo spirito della musica. Ovvero grecità e pessimismo" e si incentra sulla relazione tra spirito apollineo e spirito dionisiaco, i quali stanno alla base dell’arte greca:
Nell’età della tragedia attica (Sofocle ed Eschilo) i due impulsi, però, si armonizzarono tra loro, dando origine a capolavori sublimi.
Si parla di dramma tragico quando Dioniso è “rappresentato tramite una serie di immagini” che trasformano il vissuto di sofferenza dell’eroe in un mondo di ideale compiutezza e bellezza.
A partire da Sofocle questo “miracolo”, però, viene distrutto nella tragedia di Euripide: prevale l’incapacità di sostenere la tragica realtà della vita, con i suoi dolori e le sue assurdità, e il desiderio di rappresentarsela come una vicenda ordinata e razionale.
L’uccisione dello spirito dionisiaco è, secondo Nietzsche, all’origine della decadenza del modo occidentale e trova il proprio simbolo nell’opposizione irriducibile tra uomo tragico (s. dionisiaco, portato a dire sì alla vita) e uomo teoretico (s. socratico, portato a costruire con la ragione e la scienza un mondo di apparenze che lo rassicurano, rendendogli tollerabile la tragicità della vita).
Il filosofo afferma che la vita è dominata dal caso e i valori umani non trovano in essa garanzie precostituite.Gli atteggiamenti possibili sono:
Storicismo e storia
Nietzsche critica lo storicismo sostenendo che l’eccesso di storia rende l’uomo schiavo dell’ “idolatria del fatto”, indebolendo la sua fantasia e creatività; in questo caso, per poter agire efficacemente nel presente diventa necessario l’oblio.
Tuttavia, il filosofo si rende conto che essa è autentica e utile quando si pone al servizio della vita e dei viventi. Essa può essere:
- S. apollineo: scaturisce da un impulso alla forma e da un atteggiamento di fuga di fronte al divenire, si esprime nelle forme lipide ed armoniche della scultura e della poesia epica;
- S. dionisiaco: scaturisce dalla forza vitale e dalla partecipazione al divenire, si esprime nell’esaltazione creatrice della musica e della poesia lirica.
Nell’età della tragedia attica (Sofocle ed Eschilo) i due impulsi, però, si armonizzarono tra loro, dando origine a capolavori sublimi.
Si parla di dramma tragico quando Dioniso è “rappresentato tramite una serie di immagini” che trasformano il vissuto di sofferenza dell’eroe in un mondo di ideale compiutezza e bellezza.
A partire da Sofocle questo “miracolo”, però, viene distrutto nella tragedia di Euripide: prevale l’incapacità di sostenere la tragica realtà della vita, con i suoi dolori e le sue assurdità, e il desiderio di rappresentarsela come una vicenda ordinata e razionale.
L’uccisione dello spirito dionisiaco è, secondo Nietzsche, all’origine della decadenza del modo occidentale e trova il proprio simbolo nell’opposizione irriducibile tra uomo tragico (s. dionisiaco, portato a dire sì alla vita) e uomo teoretico (s. socratico, portato a costruire con la ragione e la scienza un mondo di apparenze che lo rassicurano, rendendogli tollerabile la tragicità della vita).
Il filosofo afferma che la vita è dominata dal caso e i valori umani non trovano in essa garanzie precostituite.Gli atteggiamenti possibili sono:
- La rinuncia e la fuga, che mette capo all’ascetismo;
- L’accettazione della vita così com’è, che mette capo all’esaltazione della vita ed al superamento dell’uomo.
Storicismo e storia
Nietzsche critica lo storicismo sostenendo che l’eccesso di storia rende l’uomo schiavo dell’ “idolatria del fatto”, indebolendo la sua fantasia e creatività; in questo caso, per poter agire efficacemente nel presente diventa necessario l’oblio.
Tuttavia, il filosofo si rende conto che essa è autentica e utile quando si pone al servizio della vita e dei viventi. Essa può essere:
- Storia monumentale: è propria di chi guarda al passato per cercarvi modelli e maestri che scorge nel presente, poiché l’uomo è attivo ed ha aspirazioni. Il limite di questo tipo di storia è la tendenza alla mitizzazione ed al fanatismo.
- Storia antiquaria: è propria di chi guarda al passato con fedeltà e amore, al punto da riconoscersi frutto ed erede di una tradizione che lo giustifica; compete a chi preserva e venera. L’aspetto negativo della storia antiquaria è che tende a mummificare, a paralizzare l’agire e ad ostacolare ogni progetto di cambiamento.
- Storia critica: è propria di chi guarda al passato come a un peso di cui liberarsi per poter vivere, e compete a chi soffre e sente la necessità di rompere con il passato, allo scopo di rifarsi “daccapo”. Il limite della storia critica risiede nella sua presunzione di poter rompere i ponti con il passato, dimenticando che noi siamo il risultato delle scelte delle generazioni precedenti.
Il periodo illuministico
In questo periodo Nietzsche è impegnato in un’opera di critica della cultura tramite la scienza, l’utilizzo di un metodo di pensiero in grado di emancipare gli uomini dagli “errori” che gravano sulle loro menti.
Questo metodo è definito critico e storico-genealogico:
Lo spirito libero si identifica con il viandante, ossia con colui che grazie alla scienza riesce ad emanciparsi dalle tenebre del passato, inaugurando una “filosofia del mattino” basata sulla concezione della vita come libero esperimento senza certezze precostituite.
Tra gli “errori” commessi dall’umanità vi sono, secondo Nietzsche, la metafisica e la morale.
La critica alla metafisica trova la sua massima espressione nella teoria della “morte di Dio”, annunciata nella “Gaia scienza”. Dio rappresenta per Nietzsche la personificazione delle varie certezze metafisiche, morali e religiose elaborate dall’umanità per dare un senso plausibile alla vita ed un ordine rassicurante al cosmo.
Alla base di questo epocale annuncio sta la seguente tesi: la debolezza dell’uomo è pari alla sua ansia di certezza.
Secondo il filosofo tedesco, gli uomini, per poter sopportare l’impatto con il caos e l’irrazionalità che caratterizza il loro mondo, hanno costruito una serie di certezze che rivelano la loro autentica natura di “illusioni” volte a compensare le necessità umane.
La morte di Dio viene presentata dal filosofo come un evento ancora in corso: sebbene l’ “uomo folle” (il filosofo profeta) ne scorga lucidamente l’accadere, l’umanità non ne ha ancora preso coscienza.
L’accettazione della morte di Dio rappresenta il tramonto del Platonismo (la metafisica per eccellenza a cui Platone antepone al mondo “apparente” in cui viviamo un altro “mondo” immutabile e perfetto dove risiedono le Idee) e del Cristianesimo (considerato il platonismo per il popolo).
Tale annuncio apre la strada al concetto di “oltreuomo” (o superuomo).
Questo metodo è definito critico e storico-genealogico:
- Critico perché “eleva” il sospetto a regola di indagine;
- Storico genealogico poiché il filosofo ritiene che non esistono realtà immutabili, ma che ogni cosa sia l’esito di un processo da ricostruire.
- Analisi storico-concettuale: mostra come quei valori considerati “eterni” sono, in realtà, legati a determinati contesti storici;
- Critica demistificante: essa rivela che, al di sotto della presunta assolutezza di quei valori, vi sono motivazioni ed interessi umani.
Lo spirito libero si identifica con il viandante, ossia con colui che grazie alla scienza riesce ad emanciparsi dalle tenebre del passato, inaugurando una “filosofia del mattino” basata sulla concezione della vita come libero esperimento senza certezze precostituite.
Tra gli “errori” commessi dall’umanità vi sono, secondo Nietzsche, la metafisica e la morale.
La critica alla metafisica trova la sua massima espressione nella teoria della “morte di Dio”, annunciata nella “Gaia scienza”. Dio rappresenta per Nietzsche la personificazione delle varie certezze metafisiche, morali e religiose elaborate dall’umanità per dare un senso plausibile alla vita ed un ordine rassicurante al cosmo.
Alla base di questo epocale annuncio sta la seguente tesi: la debolezza dell’uomo è pari alla sua ansia di certezza.
Secondo il filosofo tedesco, gli uomini, per poter sopportare l’impatto con il caos e l’irrazionalità che caratterizza il loro mondo, hanno costruito una serie di certezze che rivelano la loro autentica natura di “illusioni” volte a compensare le necessità umane.
La morte di Dio viene presentata dal filosofo come un evento ancora in corso: sebbene l’ “uomo folle” (il filosofo profeta) ne scorga lucidamente l’accadere, l’umanità non ne ha ancora preso coscienza.
L’accettazione della morte di Dio rappresenta il tramonto del Platonismo (la metafisica per eccellenza a cui Platone antepone al mondo “apparente” in cui viviamo un altro “mondo” immutabile e perfetto dove risiedono le Idee) e del Cristianesimo (considerato il platonismo per il popolo).
Tale annuncio apre la strada al concetto di “oltreuomo” (o superuomo).
Il periodo di Zarathustra
La terza e decisiva fase del pensiero nietzscheano è condensata nell’opera “Così parlò Zarathustra”.
Dal punto di vista concettuale, i temi di base dell’opera sono l’oltreuomo, l’eterno ritorno e la volontà di potenza.
Nietzsche utilizza il profeta Zarathustra, ormai trentenne, per profetizzare l’arrivo dell’oltreuomo. Il profilo del profeta viene già delineato dal filosofo tedesco in “Ecce homo”: Zarathustra è colui che, essendo stato il primo a tradurre la morale in termini metafisici, è anche il primo ad accorgersi dell’errore della morale / autosoppressione della morale.
L’oltreuomo (o superuomo)
L’oltreuomo è un concetto filosofico usato da Nietzsche per esprimere un modello di uomo in cui si concretizzano i temi di fondo del suo pensiero.
Il superuomo è colui in grado di accettare la dimensione tragica e dionisiaca della vita, di “reggere” la perdita delle certezze assolute, di emanciparsi dalla morale e dal cristianesimo, di procedere oltre il nichilismo, di affermarsi sull’orizzonte del futuro.
Il superuomo nietzscheano non è un esteta dannunziano o un uomo biologicamente potente, bensì un uomo diverso dall’uomo che conosciamo, capace di creare nuovi valori e di rapportarsi in modo inedito alla vita.
Nietzsche descrive la genesi e il senso del superuomo nel discorso “Delle tre metamorfosi” alla stregua di una libertà che libera se stessa per approdare in una innocente e creativa affermazione della vita.
È necessario, per una maggiore comprensione di questo concetto fondamentale e spesso, male interpretato, analizzare il discorso “Delle tre metamorfosi” estratto da “Così parlò Zarathustra”.
Delle tre metamorfosi
In questo discorso, Zarathustra raffigura il cammino della coscienza dagli idoli della superstizione al dionisiaco in tre tappe.
La prima tappa è quella del cammello, il quale rappresenta l’uomo che si piega davanti alla maestà di Dio.
La seconda tappa è quella del leone, il quale reagisce e combatte contro i falsi idoli.
La terza è quella del fanciullo che dice “sì” alla vita e che esprime l’essenza dionisiaca della libertà umana.
Zarathustra/Nietzsche racconta come lo spirito sia stato costretto, per secoli, a rimanere “cammello”. Il cammello è un animale da soma, abituato a portare carichi pesanti, che in modo remissivo accetta ciò che gli viene imposto.
Il cammello è l’uomo cristiano che ha deciso di subordinare la sua vita alla fede e al comando di qualcun altro.
Nella seconda metamorfosi, il leone è l’opposto del cammello: esso dice “no” al mondo così come si mostra e incarna l’ “io voglio”, rappresenta la fonte di nuovi valori, la libertà e l’opposizione al “tu devi!”.
Il leone, però, non può fare ciò che può fare, invece, il fanciullo, ossia dire un “sacro sì”, affermare la propria volontà di potenza e fondare nuovi valori, ricominciare da zero.
Con la terza metamorfosi si annuncia l’avvento del superuomo, colui che si sottrae dal peso della storia e del passato per affermare lo spirito creativo e il “gioco”.
In sintesi, nel discorso “Delle tre metamorfosi” Nietzsche spiega che:
L’eterno ritorno dell’uguale rappresenta tutt’oggi il problema oggettivamente più complesso della storiografia nietzscheana.
Questa teoria è espressa in modo eloquente nel discorso intitolato “La visione e l’enigma”.
Zarathustra, accompagnato da un nano, intraprende la salita di una montagna per un impervio sentiero, giungendo di fronte ad una porta. Sulla porta è scritta la parola “attimo” (il presente) e, poi, dalla stessa si diramano due sentieri che si perdono nell’eternità: uno porta all’indietro (il passato) e l’altro porta in avanti (il futuro).
Secondo il filosofo, tutte le realtà e gli eventi del mondo sono destinati a riproporsi in modo identico infinite volte.
Collocarsi nell’ottica dell’eterno ritorno significa rifiutare la concezione lineare del tempo come catena di momenti in cui ognuno ha valore solo in funzione degli altri.
L’eterno si manifesta e coincide con l’attimo stesso che ha valore in sé ed è, di volta in volta, “cifra” dell’eterno. Questa possibilità di percepire l’attimo come “cifra” dell’eterno è compito dell’oltreuomo, il quale è in grado di vivere la vita come un gioco creativo e avente in sé il proprio senso appagante.
Dal punto di vista concettuale, i temi di base dell’opera sono l’oltreuomo, l’eterno ritorno e la volontà di potenza.
Nietzsche utilizza il profeta Zarathustra, ormai trentenne, per profetizzare l’arrivo dell’oltreuomo. Il profilo del profeta viene già delineato dal filosofo tedesco in “Ecce homo”: Zarathustra è colui che, essendo stato il primo a tradurre la morale in termini metafisici, è anche il primo ad accorgersi dell’errore della morale / autosoppressione della morale.
L’oltreuomo (o superuomo)
L’oltreuomo è un concetto filosofico usato da Nietzsche per esprimere un modello di uomo in cui si concretizzano i temi di fondo del suo pensiero.
Il superuomo è colui in grado di accettare la dimensione tragica e dionisiaca della vita, di “reggere” la perdita delle certezze assolute, di emanciparsi dalla morale e dal cristianesimo, di procedere oltre il nichilismo, di affermarsi sull’orizzonte del futuro.
Il superuomo nietzscheano non è un esteta dannunziano o un uomo biologicamente potente, bensì un uomo diverso dall’uomo che conosciamo, capace di creare nuovi valori e di rapportarsi in modo inedito alla vita.
Nietzsche descrive la genesi e il senso del superuomo nel discorso “Delle tre metamorfosi” alla stregua di una libertà che libera se stessa per approdare in una innocente e creativa affermazione della vita.
È necessario, per una maggiore comprensione di questo concetto fondamentale e spesso, male interpretato, analizzare il discorso “Delle tre metamorfosi” estratto da “Così parlò Zarathustra”.
Delle tre metamorfosi
In questo discorso, Zarathustra raffigura il cammino della coscienza dagli idoli della superstizione al dionisiaco in tre tappe.
La prima tappa è quella del cammello, il quale rappresenta l’uomo che si piega davanti alla maestà di Dio.
La seconda tappa è quella del leone, il quale reagisce e combatte contro i falsi idoli.
La terza è quella del fanciullo che dice “sì” alla vita e che esprime l’essenza dionisiaca della libertà umana.
Zarathustra/Nietzsche racconta come lo spirito sia stato costretto, per secoli, a rimanere “cammello”. Il cammello è un animale da soma, abituato a portare carichi pesanti, che in modo remissivo accetta ciò che gli viene imposto.
Il cammello è l’uomo cristiano che ha deciso di subordinare la sua vita alla fede e al comando di qualcun altro.
Nella seconda metamorfosi, il leone è l’opposto del cammello: esso dice “no” al mondo così come si mostra e incarna l’ “io voglio”, rappresenta la fonte di nuovi valori, la libertà e l’opposizione al “tu devi!”.
Il leone, però, non può fare ciò che può fare, invece, il fanciullo, ossia dire un “sacro sì”, affermare la propria volontà di potenza e fondare nuovi valori, ricominciare da zero.
Con la terza metamorfosi si annuncia l’avvento del superuomo, colui che si sottrae dal peso della storia e del passato per affermare lo spirito creativo e il “gioco”.
In sintesi, nel discorso “Delle tre metamorfosi” Nietzsche spiega che:
- il cammello rappresenta l’uomo assoggettato alla tradizione;
- il leone è l’uomo che si libera dalle concezioni metafisiche ed etiche, all’insegna dell’ “io voglio”;
- il fanciullo rappresenta l’oltreuomo che, nella sua innocenza ludica, sa dire “sì” alla vita ed inventare se stessa al di là del bene e del male.
L’eterno ritorno dell’uguale rappresenta tutt’oggi il problema oggettivamente più complesso della storiografia nietzscheana.
Questa teoria è espressa in modo eloquente nel discorso intitolato “La visione e l’enigma”.
Zarathustra, accompagnato da un nano, intraprende la salita di una montagna per un impervio sentiero, giungendo di fronte ad una porta. Sulla porta è scritta la parola “attimo” (il presente) e, poi, dalla stessa si diramano due sentieri che si perdono nell’eternità: uno porta all’indietro (il passato) e l’altro porta in avanti (il futuro).
Secondo il filosofo, tutte le realtà e gli eventi del mondo sono destinati a riproporsi in modo identico infinite volte.
Collocarsi nell’ottica dell’eterno ritorno significa rifiutare la concezione lineare del tempo come catena di momenti in cui ognuno ha valore solo in funzione degli altri.
L’eterno si manifesta e coincide con l’attimo stesso che ha valore in sé ed è, di volta in volta, “cifra” dell’eterno. Questa possibilità di percepire l’attimo come “cifra” dell’eterno è compito dell’oltreuomo, il quale è in grado di vivere la vita come un gioco creativo e avente in sé il proprio senso appagante.
L’ultimo Nietzsche
La volontà di potenza
La volontà di potenza si identifica con la vita stessa, intesa come forza espansiva ed autosuperantesi. Essa trova la sua massima espressione nel superuomo, il quale non è “über” solo perché è oltre l’uomo del passato, ma anche perché la sua essenza consiste nel continuo oltrepassamento di sé.
Dalla concezione della vita come libera produzione di sé medesima al di là di ogni piano prestabilito (autocreazione), segue che l’arte, intesa nel senso ampio di forza creatrice, diviene il modello stesso della volontà di potenza (e del libero fare dell’oltreuomo).
La volontà di potenza si esercita nella produzione di valori e di schemi interpretativi al fine di dare un senso all’insensatezza caotica del mondo. Da questo punto di vista, la volontà di potenza ha il proprio culmine nell’accettazione-istituzione dell’eterno ritorno e nell’apoteosi del divenire. Per quanto riguarda il primo atto, esso consiste nella liberazione del superuomo dal peso del passato e nella “redenzione” del tempo operata dallo stesso, mentre per l’apoteosi del divenire, si definisce l’atto mediante il quale il divenire, in quanto eternizzato, riceve “il sigillo dell’essere”.
Nichilismo
In una prima accezione, Nietzsche intende per nichilismo ogni atteggiamento di fuga e di disgusto nei confronti del mondo reale (cristianesimo e platonismo).
In una seconda accezione, Nietzsche intende per nichilismo la specifica situazione dell’uomo moderno che, non credendo più nei valori “supremi” (Dio, Verità, Bene) né in uno scopo metafisico, tende ad avvertire, di fronte all’essere, lo sgomento del vuoto e del nulla.
L’origine del nichilismo sta nel fatto che l’uomo si è dapprima immaginato dei fini assoluti e delle realtà trascendenti, ma, in seguito, piomba nell’angosci nichilistica in quanto si rende conto che il mondo non rispecchia affatto i suoi desideri logici e morali.
L’equivoco del nichilismo consiste nell’affermare che il mondo, non possedendo queste strutture metafisiche e significati assoluti, non ha senso. Il significato del mondo, invece, è un prodotto della volontà di potenza, la quale, affrontando il caos dell’essere, gli impone i propri fini.
Il nichilismo si mostra, così, come uno stadio intermedio, ovvero un “no” alla vita che, attraverso l’esercizio della volontà di potenza, prepara il grande “sì” alla vita.
Il nichilismo si presenta in due forme:
Nel caso in cui il nichilismo completo è un segno di forza, si ha, invece, il cosiddetto nichilismo attivo che si esercita come forza violenta che distrugge ogni residua credenza nella verità (nichilismo estremo).
In riferimento al fatto che il nichilismo estremo crea spazio per nuove possibilità, si parla di nichilismo estatico.
Infine, si tratta di nichilismo “classico” o compiuto quando, passando da una semplice negazione ad una costruttiva affermazione, si pone alla stregua di una volontà di potenza capace di dare un senso all’insensatezza caotica del mondo.
La volontà di potenza si identifica con la vita stessa, intesa come forza espansiva ed autosuperantesi. Essa trova la sua massima espressione nel superuomo, il quale non è “über” solo perché è oltre l’uomo del passato, ma anche perché la sua essenza consiste nel continuo oltrepassamento di sé.
Dalla concezione della vita come libera produzione di sé medesima al di là di ogni piano prestabilito (autocreazione), segue che l’arte, intesa nel senso ampio di forza creatrice, diviene il modello stesso della volontà di potenza (e del libero fare dell’oltreuomo).
La volontà di potenza si esercita nella produzione di valori e di schemi interpretativi al fine di dare un senso all’insensatezza caotica del mondo. Da questo punto di vista, la volontà di potenza ha il proprio culmine nell’accettazione-istituzione dell’eterno ritorno e nell’apoteosi del divenire. Per quanto riguarda il primo atto, esso consiste nella liberazione del superuomo dal peso del passato e nella “redenzione” del tempo operata dallo stesso, mentre per l’apoteosi del divenire, si definisce l’atto mediante il quale il divenire, in quanto eternizzato, riceve “il sigillo dell’essere”.
Nichilismo
In una prima accezione, Nietzsche intende per nichilismo ogni atteggiamento di fuga e di disgusto nei confronti del mondo reale (cristianesimo e platonismo).
In una seconda accezione, Nietzsche intende per nichilismo la specifica situazione dell’uomo moderno che, non credendo più nei valori “supremi” (Dio, Verità, Bene) né in uno scopo metafisico, tende ad avvertire, di fronte all’essere, lo sgomento del vuoto e del nulla.
L’origine del nichilismo sta nel fatto che l’uomo si è dapprima immaginato dei fini assoluti e delle realtà trascendenti, ma, in seguito, piomba nell’angosci nichilistica in quanto si rende conto che il mondo non rispecchia affatto i suoi desideri logici e morali.
L’equivoco del nichilismo consiste nell’affermare che il mondo, non possedendo queste strutture metafisiche e significati assoluti, non ha senso. Il significato del mondo, invece, è un prodotto della volontà di potenza, la quale, affrontando il caos dell’essere, gli impone i propri fini.
Il nichilismo si mostra, così, come uno stadio intermedio, ovvero un “no” alla vita che, attraverso l’esercizio della volontà di potenza, prepara il grande “sì” alla vita.
Il nichilismo si presenta in due forme:
- nichilismo incompleto: i vecchi valori vengono distrutti, ma i nuovi che vi subentrano hanno la medesima fisionomia dei precedenti (nella scienza storicismo e positivismo);
- nichilismo completo: è il nichilismo vero e proprio e può rappresentare un segno di debolezza o di forza.
Nel caso in cui il nichilismo completo è un segno di forza, si ha, invece, il cosiddetto nichilismo attivo che si esercita come forza violenta che distrugge ogni residua credenza nella verità (nichilismo estremo).
In riferimento al fatto che il nichilismo estremo crea spazio per nuove possibilità, si parla di nichilismo estatico.
Infine, si tratta di nichilismo “classico” o compiuto quando, passando da una semplice negazione ad una costruttiva affermazione, si pone alla stregua di una volontà di potenza capace di dare un senso all’insensatezza caotica del mondo.
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