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Dubliners by J.Joyce (riferimento a 'Eveline' e 'The dead')

“Dubliners” is a collection of fifteen short stories written by James Joyce in which the author analyses the failure of self-realisation of inhabitants of Dublin in biographical and in psychological ways. The novel was originally turned down by publishers because they considered it immoral for its portrait of the Irish city. Joyce treats in “Dubliners” the paralysis of will in four stages: childhood, youth, maturity and public life. The paralysis of will is the courage and self-knowledge that leads ordinary men and women to accept the limitations imposed by the social context they live in. In “Dubliners” the style is both realistic - to the degree of perfectly recreating characters and idioms of contemporary Dublin - and symbolic – giving the common object unforeseen depth and a new meaning in order to show a new view of reality. Joyce defines this effect “epiphany” which indicates that moment when a simple fact suddenly explodes with meaning and makes a person realise his / her condi

Giambattista Vico e la storia intesa come "Scienza nuova"


Il XVIII secolo è l’epoca in cui ci si interroga sul significato della storia giacché si ha la possibilità di consultare una documentazione più ricca e meglio approfondita, a partire dagli anni precedenti, e, in particolare, si analizzano le azioni umane nel tempo.

Per la prima volta ci si interroga sul rapporto tra spazio geografico e tempo storico, in pratica, l’evoluzione raggiunta dalla storia europea al confronto di ciò che è avvenuto per gli abitanti di altre parti del globo, come le terre scoperte o quelle colonizzate, a partire dal XV secolo.

In Italia, Giambattista Vico offre una geniale risposta ai nuovi interrogativi sulla storia. Il suo criterio è basato sul “verum factum”, ossia “il vero coincide con il fatto”. In opposizione al criterio del Razionalismo imperante nel Settecento, il mondo che circonda l’uomo è un’opera imperscrutabile del Creatore. Pertanto solo Dio conosce il senso e il fine dell’esistenza del mondo proprio perché lo ha fatto Lui.

Da ciò, Vico sostiene che l’uomo, essendo fatto ad immagine e somiglianza di Dio, ha la conoscenza certa tutte le volte che fa una cosa.

Il quesito che il filosofo successivamente si pone è : “Dove mai si dispiega la conoscenza umana?”. La risposta a tale quesito risiede nella storia non intesa come una raccolta erudita di fatti, ma un insieme di strutture concettuali che spieghino il divenire della civiltà contestualmente al divenire degli esseri umani.

La storia, così, diventa un campo di indagine aperto a diverse discipline come l’antropologia, la linguistica, la geografia e la psicologia. Giambattista Vico, inoltre, delinea la figura imparziale e indipendente dello storico, facendo riferimento all’operato dello storico Ludovico Antonio Muratori.

Secondo quest’ultimo, la storia deve essere una ricostruzione, rigorosamente documentata, di come sono andate le cose, senza preoccupazioni apologetiche, distinguendo le cause degli avvenimenti ricostruibili con indagine umana dalle vie della Provvidenza certe ma imperscrutabili, e con assoluta indipendenza di giudizio.

Vico sostiene che ogni civiltà attraversa tre epoche, partendo da un’ “età degli dei”, per passare, poi, alla “età degli eroi” e per arrivare, infine, all’ “età degli uomini”. Queste tre epoche corrispondono al progredire delle facoltà intellettuali dell’uomo.

Nella “età degli dei” l’uomo ha una conoscenza prevalentemente sensistica, ossia spiega i fenomeni che lo circondano con l’immaginazione, senza dare una motivazione razionale. In questa età è presente l’animismo, ossia una concezione tipica degli uomini primitivi secondo cui ogni fenomeno o cosa dell’universo, inspiegabile a livello razionale, è dotato di anima e corpo e vive di una vita propria.

Nella “età degli eroi” l’uomo si inizia a discostare dalla conoscenza sensistica e cerca di dare una prima motivazione razionale dei fenomeni che lo circondano.

Nella “età degli uomini” si ha il massimo grado della civilizzazione giacché l’uomo, vivendo in società, regolamenta i rapporti con i suoi simili attraverso leggi e fornisce una motivazione razionale valida a tutti gli eventi che accadono.

Per lo storico, tuttavia, nella “età degli uomini” si verificherà un evento cruciale che porterà l’uomo in uno stato bestiale: verranno frantumate tutte le motivazioni razionali e tutti gli elementi che definiscono civile una società (formazione di un governo, leggi, stratificazione sociale, …), sottolineando che l’uomo, in quella fase, si dimostrerà egoista e anteporrà al bene comune il proprio tornaconto, promuovendo la tirannide e l’anarchia.

È evidente che un’età si afferma a discapito di un’altra: l’ “età degli uomini”, ad esempio, si afferma a discapito dell’immaginazione e della fantasia presente nell’ “età degli dei”. Ecco perché nell’età moderna regna la ragione, mentre langue la fantasia e, con essa, la poesia.

La caduta della “età degli uomini” sarà fonte di una ricostruzione (non completamente nuova) dell’ “età degli dei”. Per questo motivo, il concetto di storia come Scienza nuova per Vico è sintetizzato nel seguente modo: “corsi e ricorsi storici”.

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