La Déclaration universelle des droit de l'homme et du citoyen

"Tous les êtres humains naissent libres et égaux en dignité et en droits."

Article 1 de la Déclaration

universelle des droits de l’homme

et du citoyen

La Déclaration des droits de l’homme et du citoyen est adoptée par l’ Assemblée générale des Nations Unies le 10 décembre 1948 à Paris au palais de Chaillot.

Sans véritable portée juridique en tant que tel, ce texte n'a qu'une valeur d'une proclamation de droits.
Il y a 48 États sur les 58 participants devaient adopter cette charte universelle. Aucun État ne s'est prononcé contre et seuls huit se sont abstenus : l'Afrique du Sud de l’apartheid refuse l'affirmation au droit à l'égalité devant la loi sans distinction de naissance ou de race ; l’Arabie saoudite conteste l’égalité homme-femme.

La Pologne, la Tchécoslovaquie, la Yougoslavie et l'Union soviétique s'abstiennent en raison d'un différend concernant la définition du principe fondamental d’universalité tel qu'il est énoncé dans l’article 2 alinéa 1.

Enfin, les deux derniers États n'ayant pas pris part au vote sont le Yémen et le Honduras.
Le texte comprend 30 articles avec un préambule avec huit considérations reconnaissant la nécessité du respect inaliénable de droits fondamentaux de l'homme par tous les pays et qui se conclut par l’annonce de son approbation et sa proclamation par l’Assemblée générale des Nations unies.
Lors de la Seconde Guerre mondiale, les alliés adoptèrent les quatre libertés: la liberté d'expression, la liberté de religion, la liberté de vivre à l'abri du besoin et la liberté de vivre à l'abri de la peur, comme leurs buts fondamentaux dans ce conflit.

La Charte des Nations unies réaffirme la "foi dans les droits fondamentaux de l'homme, dans la dignité et la valeur de la personne humaine", et engage tous les États membres à promouvoir "le respect universel et effectif des droits de l'homme et des libertés fondamentales pour tous, sans distinction de race, de sexe, de langue ou de religion".

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