“Dubliners” is a collection of fifteen short stories written by James Joyce in which the author analyses the failure of self-realisation of inhabitants of Dublin in biographical and in psychological ways. The novel was originally turned down by publishers because they considered it immoral for its portrait of the Irish city. Joyce treats in “Dubliners” the paralysis of will in four stages: childhood, youth, maturity and public life. The paralysis of will is the courage and self-knowledge that leads ordinary men and women to accept the limitations imposed by the social context they live in. In “Dubliners” the style is both realistic - to the degree of perfectly recreating characters and idioms of contemporary Dublin - and symbolic – giving the common object unforeseen depth and a new meaning in order to show a new view of reality. Joyce defines this effect “epiphany” which indicates that moment when a simple fact suddenly explodes with meaning and makes a person realise his / her condi
Testo
Sempre caro mi fu quest’ermo colle,e questa siepe, che da tanta parte
dell’ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma, sedendo e mirando, interminati
spazi di là da quella, e sovrumani
silenzi, e profondissima quiete
io nel pensier mi fingo; ove per poco
il cor non si spaura. E come il vento
odo stormir tra queste piante, io quello
infinito silenzio a questa voce
vo comparando: e mi sovvien l’eterno,
e le morte stagioni, e la presente
e viva, e il suon di lei. Così tra questa
immensità s’annega il pensier mio;
e il naufragar m’è dolce in questo mare.
Parafrasi
Mi furono sempre cariquesta collina solitaria e questa siepe
che impedisce al mio sguardo di guardare
verso l'estremo orizzonte.
Ma stando seduto e osservando,
io mi disegno nella mente
spazi infiniti oltre la siepe e
silenzi che vanno oltre l’immaginazione
umana e una grandissima calma;
in tal modo, per poco il cuore non si smarrisce.
Appena sento il vento fischiare
In mezzo a questi alberi,
io inizio a paragonare quell'infinito
silenzio a questo rumore:
mi viene in mente il pensiero
dell'eternità, le stagioni passate e
quella presente e, ancora viva, ed il suo rumore.
Così il mio pensiero annega in quest'intensità
Ed è piacevole per me naufragare in questo mare.
Analisi
Seduto davanti a una siepe che non gli consente di vedere l'orizzonte, il poeta insegue la propria immaginazione dietro quel confine visivo.
Il presupposto tematico della lirica è precisato in una delle pagine dello Zibaldone di pensieri che risale al luglio 1820:
"alle volte l'anima [...] desidera una veduta ristretta e confinata [...]. La cagione è [...] il desiderio dell'infinito, perché allora, in luogo della vista, lavora l'immaginazione e la fantastico sottentra al reale. L'anima si immagina quello che non vede, che quell'albero, quella siepe, quella torre gli nasconde, e va errando in uno spazio immaginario, e si figura cose che non potrebbe, se la sua vista si estendesse da per tutto, perché il reale escluderebbe l'immaginario".
La lirica, caratterizzata da 15 versi endecasillabi sciolti, descrive l'esperienza dell'immaginazione, che, stimolata da un impedimento dei sensi, giunge a delinearsi l'infinito e a godere di questa sua creazione.
Come in tutti gli idilli leopardiani, l'avvio è quasi diaristico, con il riferimento ad abitudini e luoghi familiari; poi, passo dopo passo, s'innesca un processo di astrazione che riesce a fare allontanare l'io dal presente e dalle sue angosce, fino a sperimentare la dolcezza dell' "annegamento" nel "mare" di un universo senza confini.
La lirica, caratterizzata da 15 versi endecasillabi sciolti, descrive l'esperienza dell'immaginazione, che, stimolata da un impedimento dei sensi, giunge a delinearsi l'infinito e a godere di questa sua creazione.
Come in tutti gli idilli leopardiani, l'avvio è quasi diaristico, con il riferimento ad abitudini e luoghi familiari; poi, passo dopo passo, s'innesca un processo di astrazione che riesce a fare allontanare l'io dal presente e dalle sue angosce, fino a sperimentare la dolcezza dell' "annegamento" nel "mare" di un universo senza confini.
Questo processo è facilitato dalla libertà metrica adottata nell'idillio, la quale permette al poeta di esprimersi senza troppe costrizioni, rendendo il significato della poesia molto più personale ed intimo.
La poesia non fa uso di rime poiché è costruita su una infinità di accorgimenti fonetici e sintattici che le conferiscono una cadenza ed una musicalità particolari.
Ad esempio, dopo i primi tre versi introduttivi, nel momento in cui ha inizio l’esperienza sensoriale del poeta, l'uso del gerundio "sedendo" e "mirando" (verso 4), del polisindeto con la ripetizione della congiunzione "e" e quello dell'allitterazione con la lettera "s" (versi 5-6) danno ai versi una cadenza più lenta e dolce.
Altre allitterazioni sono presenti nei versi 5-13 con la lettera "v" (ove per poco…, e come il vento…, a questa voce vo comparando …) accompagnata dalla ripetizione della lettera "o" che, attraverso il suo suono, lega i versi centrali della poesia per ritornare all'epilogo.
Il polisindeto dei versi 11-13 (e mi sovvien l'eterno…, e le morti stagioni…, e la presente e viva …) , accentuano il senso del succedersi dei pensieri nella mente del poeta.
Altra figura retorica ricorrente nella lirica è l’enjambement, grazie al quale la lettura dei versi procede in modo continuo e dà una maggiore enfasi all'ampiezza di questi endecasillabi.
Infine, nella poesia sono presenti un numero cospicuo di metafore.
Per esempio, la siepe rappresenta la barriera mentale dell'uomo che lo stimola a guardare oltre; il vento che soffia tra le piante ricorda gli spazi infiniti entro i quali si può muovere il pensiero; il mare in cui annegare è la dimensione senza confini dell'immaginazione.
Altre allitterazioni sono presenti nei versi 5-13 con la lettera "v" (ove per poco…, e come il vento…, a questa voce vo comparando …) accompagnata dalla ripetizione della lettera "o" che, attraverso il suo suono, lega i versi centrali della poesia per ritornare all'epilogo.
Il polisindeto dei versi 11-13 (e mi sovvien l'eterno…, e le morti stagioni…, e la presente e viva …) , accentuano il senso del succedersi dei pensieri nella mente del poeta.
Altra figura retorica ricorrente nella lirica è l’enjambement, grazie al quale la lettura dei versi procede in modo continuo e dà una maggiore enfasi all'ampiezza di questi endecasillabi.
Infine, nella poesia sono presenti un numero cospicuo di metafore.
Per esempio, la siepe rappresenta la barriera mentale dell'uomo che lo stimola a guardare oltre; il vento che soffia tra le piante ricorda gli spazi infiniti entro i quali si può muovere il pensiero; il mare in cui annegare è la dimensione senza confini dell'immaginazione.
Il concetto di infinito è collegato ad altre due entità, lo spazio ed il tempo, anch'esse ritenute infinite dall'uomo nel mondo ed oggetti costantemente posti all'attenzione dell'uomo, il quale si interroga, ormai, da millenni sui misteri dell'universo; questo tema, addirittura, è una delle caratteristica principali del movimento romantico, al quale appartiene lo stesso Leopardi.
Questo movimento contrappone il desiderio dell'illimitato, la spiritualità, l'immaginazione e l'affermazione dei caratteri individuali di ogni artista all' Illuminismo, incentrato sulla razionalità, e al culto della bellezza classica.
I filosofi tedeschi di quel periodo, infatti, sostengono che il vero intellettuale non doveva attenersi alla scrittura e alla forma classica, in quanto ciò poteva comportare un regresso culturale, bensì osservare la natura che, provocandogli forti emozioni, lo porta ad esprimere al meglio la realtà.
La realtà, infatti, non è quella che appare, ma è posta oltre al visibile e, quindi, non percepita dall'uomo che, essendo finito, non può né desiderare l'assoluto né l'infinito e, ancor meno, non struggersi per questa incapacità.
Allo stesso modo, Leopardi, nella sua visione pessimistica, avverte dentro di sé di possedere quel qualcosa che va oltre il visibile, l'ostacolo, fino ad immaginare una visione alternativa che va al di là dell'oggetto percepito.
In questo idillio, la natura àncora il poeta a elementi naturali come l'ermo colle, la siepe, il vento ed il mare.
A partire da questi unici elementi che legano il poeta alla realtà, Leopardi si focalizza sui sentimenti che quegli elementi naturali gli suscitano.
È necessario affermare che Leopardi, tuttavia, non affronta il tema dell'infinito su un piano prettamente metafisico e trascendente, come previsto dai romantici, bensì lo ricollega al piano dell'esperienza sensibile.
L'infinito leopardiano non tende alla compenetrazione religiosa dell'io con l'universo , ma è evocato da una forma di sensibilità del tutto umana.
Non si tratta di un'estasi mistica, ma della valorizzazione delle potenzialità percettive dell'io, della capacità di pensare ed immaginare, fino a provare il piacere intenso del naufragio nel "mare" dell'essere.
Lo spazio è fondamentale in questa poesia: tutto nasce dalla contrapposizione iniziale tra lo spazio lontano (colle) e quello vicino (qui), rappresentato dalla siepe.
Il tempo nella poesia viene identificato nell'avverbio "sempre" (verso 1), dal quale parte una descrizione ampia che racchiude il passato e il presente, entrambi irraggiungibili per la presenza di una siepe mentale.
La grande esperienza mentale, però, porterà il poeta ad individuare sia il presente che il passato.
I pilastri fondamentali sui quali il poeta riflette sono lo sgomento dell'uomo verso l'immensità e il senso profondo del suo io, teso a riconoscere il significato del suo passato e del suo presente; tutto ciò avviene alla luce dello stimolo che è presente nell'uomo, nella necessità di cercare l’occasione che lo obblighi ad andare avanti.
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